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Una delle parole più comuni e dal significato più oscuro e ambiguo è la parola democrazia. Ne conosciamo veramente il significato? Davvero basta un’infarinata di elezioni qualunque per qualificare un sistema come democratico? In questo sito abbiamo più volte spiegato che non è così.
Per riconoscere una democrazia da un sistema elitario, che maschera il privilegio dietro, appunto, un’infarinata di elezioni qualunque, e metodi di selezione dei candidati sapientemente gestiti in modo da impedire il libero accesso dei cittadini alle cariche pubbliche, in questo sito e nel libro abbiamo proposto quello che abbiamo chiamato “il criterio della cassiera“, che ora rienunciamo in forma generale.
Il criterio della cassiera
Un sistema politico è una democrazia rappresentativa se e solo se qualunque cittadino eleggibile si può candidare a qualunque carica pubblica, in qualunque tornata elettorale, con effettive possibilità di vincere.
L’eleggibilità può essere vincolata solo da blandi limiti di età, da requisiti di nascita o residenza nel territorio nazionale o nel territorio di competenza della carica pubblica.
In breve, anche una cassiera di supermercato deve potersi candidare a premier con effettive possibilità di vincere, e le sue possibilità di vincere devono essere uguali alle possibilità di chiunque altro, di chi è già famoso come di chi è straricco. L’immagine della cassiera di supermercato che diventa premier mi è stata suggerita dal caso di una cassiera dell’Esselunga, Giusy Ferreri, che nel 2008 divenne una star della canzone grazie ad un programma televisivo, X Factor, che si proponeva appunto di andare a cercare talenti e farli emergere. Precisa o meno che sia questa “favola a lieto fine”, probabilmente senza quello strumento la cassiera sarebbe rimasta cassiera per tutta la vita e del suo talento si sarebbero accorti in pochi.
Quante sono le persone, in Italia, che hanno talento per fare politica e contribuire alla crescita del proprio paese, ma non avranno mai la possibilità di mettere a frutto le loro capacità, a causa di un sistema di partiti che blocca ogni loro tentativo sul nascere, e le respinge ed allontana invece che aiutarle ad emergere? Qual’è il danno che un paese, o una società di individui, infliggono a loro stessi impedendosi di mettere a frutto queste incredibili risorse, per soddisfare le bramosie di un branco di politicanti?
Ci sono 60 milioni di individui in Italia: conviene davvero restringere la scelta di un premier ad una manciata di persone facenti parte di una manciata di combriccole? Qual’è la probabilità che il premier migliore per il paese sia proprio una delle persone che fanno parte di quelle combriccole?
E comunque, si può davvero chiamare democrazia un sistema che funziona così? Ovviamente, no.
Per fare emergere le persone con il talento richiesto occorre uno strumento che agevoli la loro candidatura, la loro “discesa in campo”, come pure la valutazione dei candidati da parte degli elettori, e annulli il vantaggio di chi è già noto o ricco, o almeno impedisca che quel vantaggio si trasformi in privilegio. Il meccanismo deve funzionare in modo sufficientemente diluito nel tempo, perché non è possibile passare al setaccio 60 milioni di persone se si vota in tutto il territorio nazionale nello stesso giorno. Questo strumento esiste ed è il sistema delle primarie sequenziali in crescendo correlate alla convention, qui battezzato con la sigla PSC. Praticamente, è il sistema utilizzato negli Stati Uniti per le elezioni presidenziali. In quel paese vengono impiegati ben due anni per selezionare il nuovo presidente, con regole chiare e con una competizione che dà a tutti una possibilità.
Per concludere, l’Italia non è una democrazia, primo perché sicuramente non è una democrazia diretta, secondo perché non è nemmeno una democrazia indiretta, visto che il suo sistema politico non soddisfa il criterio della cassiera. Allo stesso modo, non sono democrazie i sistemi politici adottati nei paesi europei. Ancora oggi nel mondo soltanto gli Stati Uniti d’America sono una democrazia.
Come spiegato in questo post, il 22 settembre sono andato Parma all’incontro sugli inceneritori organizzato dal Movimento 5 Stelle, per consegnare a Beppe Grillo una copia del mio libro “Il sistema dei partiti governati dagli elettori“. Ho spiegato a Beppe che le primarie non vanno fatte come le fa il PD, in cui si vota in tutto il territorio nazionale nello stesso giorno, perché in quel modo solo i candidati di apparato hanno effettive possibilità di vincere. Se invece si va a votare prima in Molise, una settimana dopo in Abruzzo, una settimana dopo nelle Marche e così via, anche una cassiera di supermercato può diventare premier.
Ebbene, dopo aver scambiato questa conversazione con lui sono corso a prendere il treno, perché dovevo tornare a Pisa in giornata. Oggi scopro, grazie a un video postato sul sito Beppegrillo.it, che Beppe aveva colto il messaggio al volo. Anzi, lo spiegava addirittura ai giornalisti. Il tutto è contenuto in pochi secondi. Cliccando sul video qui sotto, postato da Byoblu.com su Youtube, potete saltare direttamente al punto rilevante del confronto tra Grillo e i giornalisti. (Per Beppe la cassiera di supermercato è diventata “cameriera o cassiera di cinema”).
Un sentito grazie a Beppe Grillo per aver dimostrato di cogliere al volo il messaggio.
Beppe, contattami quando vuoi, se posso aiutarti a realizzare i partiti governati dagli elettori non chiedo di meglio.
Le elezioni primarie per la selezione dei candidati alla carica X del partito U e del partito C saranno sempre primarie “sequenziali”. Spieghiamo cosa significa.
Immaginate una cassiera dell’Esselunga che ritiene di avere le capacità di governare il paese e, forte di quelle ma col suo semplice stipendio di cassiera dell’Esselunga si candida a primarie nazionali (tipo quelle organizzate dal PD) per la scelta del candidato premier di un partito. Le primarie nazionali, a differenza delle primarie sequenziali, sono quelle in cui si vota contemporaneamente in tutto il territorio nazionale.
Domanda: quante effettive possibilità di vincere avrà quella cassiera dell’Esselunga? Risposta: zero. Un sistema che non permette alla cassiera dell’Esselunga di candidarsi con effettive possibilità di vincere non fa emergere veramente la volontà degli elettori. Le primarie nazionali chiedono ai candidati di saltare acrobaticamente con un solo balzo da valle fino alla cima della montagna. Di fatto, dà effettive possiblità di vittoria soltanto a quei due tre personaggi che stanno già in cima, cioè sono già famosi e sulla cresta dell’onda in quel particolare momento, o sono straricchi, o hanno gli appoggi e le amicizie giusti, e il sostegno finanziario pronto.
Immaginate ora che invece di chiedere il miracolo, cioè il salto acrobatico da valle alla cima del monte in un sol colpo, si venga incontro ai candidati predisponendo un percorso diluito e graduale, una scala che collega la valle alla cima girando intorno alla montagna e riducendo al massimo la pendenza di ogni gradino. Chi è già in cima conserverà ancora un vantaggio, certo, ma mica poi tanto… Tutti avranno tempo e modo di raggiungerlo.
Per essere concreti, consideriamo le primarie per la scelta del candidato premier. Invece che votare in tutta Italia nello stesso momento, si stabilisce di cominciare dal Molise, l’Iowa italiano. La cassiera sconosciuta potrà candidarsi per tempo alle primarie del Molise, farsi qualche viaggio per la regione, tenere qualche comizio.
Viene il momento delle primarie del Molise. Della cassiera sconosciuta non avrà ancora parlato nessuno, tranne gli elettori che saranno andati ai suoi comizi. La cassiera non vincerà di certo le primarie del Molise, ma magari si piazza “bene”, diciamo decima, appena sopra il rumore di fondo costituito dai candidati della domenica, che si ritireranno subito dopo. Primo, secondo, terzo e quarto saranno i soliti noti, dati per favoriti.
Una settimana dopo si voterà, supponiamo, in Abruzzo. Nella settimana intermesia, la cassiera riceverà un po’ più di attenzione, magari meriterà qualche intervista sui giornali. Se ha le capacità guadagnerà consenso. Non vincerà neanche le primarie dell’Abruzzo, figurarsi, ma magari avanzerà un bel po’. Immaginiamo che si classifichi quinta, subito dietro i favoriti. Un bel colpo…
Nella settimana successiva l’attenzione verso di lei aumenterà, i giornali avranno una storia da raccontare, faranno a gara per intervistare quella cassiera, forse ancora più per curiosità che per altro, e le donazioni fluiranno molto più cospicue. Da quel momento tutti si accorgeranno di lei e avrà risolto il primo problema, la mancanza di fama, riducendo di colpo le distanze dagli avversari già noti. Se la nostra outsider si dimostrerà capace, trasformerà le occasioni che avrà in ulteriore consenso, e nelle Marche si piazzerà, magari, seconda.
A quel punto, tra i favoriti, si diffonde il panico: chi è questa? da dove viene? dove vuole arrivare? L’outsider sarà subissata di richieste di interviste, le domande saranno ora tutte molto incisive, gli avversari la attaccheranno su tutti i fronti. Di nuovo: se saprà rispondere, trasformerà tutte quelle opportunità in ulteriore consenso.
Non solo, ma la gente comincerà a contribuire alla sua causa con donazioni spontanee. La cassiera scoprirà, con sua sorpresa, che gli elettori sono estremamente generosi quando vedono in faccia a chi danno i loro soldi, e sanno come verranno spesi, invece di darli ad un gruppo di persone indistinto e perderne traccia il minuto successivo. La cassiera avrà così risolto il suo secondo problema: la raccolta dei finanziamenti. Rientrerà subito in pari colle spese sostenute fino ad allora, e le rimarrà molto da spendere per farsi propaganda.
La settimana successiva la cassiera avrà la concreta opportunità di piazzare il colpo del ko: vincere le primarie della Puglia. Se ciò succederà, non la fermerà più nessuno.
Vi ho descritto quattro tappe, che in qualche caso potrebbero essere tre, o cinque, o sei, ma per capirci diciamo quattro, il Molise, l’Abruzzo, le Marche e la Puglia: quattro tappe bastano per colmare il gap, lo svantaggio che separa lo sconosciuto
dal più famoso, chi non ha risorse finanziarie dal più facoltoso. Negare quelle tappe equivale a tagliare fuori tutti tranne uno o due privilegiati. Scegliendo le regole delle primarie oculatamente, si può anche decidere in anticipo chi le vince.
Riepiloghiamo. Le primarie sequenziali per la scelta del candidato premier si svolgono chiamando gli elettori di ogni regione a votare in una data diversa, a una settimana di distanza gli uni dagli altri, cominciando dagli elettori delle regioni più piccole. La sequenza di primarie regionali è determinata dalle regole del partito, stabilite dalla convention precedente. Tipicamente, ogni regione può decidere di far votare i suoi elettori col sistema elettorale che preferisce e le regole stabilite dalla convention nazionale del partito fissano soltanto alcuni limiti da rispettare (come per esempio, la posizione della regione nella sequenza e un’ampia finestra temporale entro cui le primarie si devono svolgere comunque). Inoltre, gli elettori delle primarie scelgono il candidato premier votando per i delegati regionali alla convention nazionale abbinati a quel candidato premier.
Nell’esempio appena fatto le primarie per la scelta del candidato premier sono sequenzializzate su base regionale. Si potrebbe decidere di sequenzializzarle in modo diverso, per gruppi di province e comuni o frazioni di regione, o ancora gruppi di regioni. Tuttavia, qualunque sia il frazionamento del territorio interessato che sta alla base della sequenza, il criterio deve essere sempre guidato dal principio enunciato sopra: se permette alla cassiera dell’Esselunga di candidarsi con effettive possibilità di vittoria, posto che abbia le qualità, le idee e i programmi graditi agli elettori, allora il criterio è un buon criterio. In tutti gli altri casi è da considerarsi una finzione.
Un partito che non consulta gli elettori o li consulta con un criterio inadeguato sceglie di fatto una via involutiva che lo porta a chiudersi. Pertanto perderà elettori e sarà via via scalzato da un nuovo partito aperto, nato sponeateamente nel frattempo, che ne prenderà il posto. Infatti, il sistema dei due partiti aperti U e C è un sistema irreversibile.
Per la scelta del candidato a qualunque altra carica si procederà in modo simile, frazionando il territorio interessato in base al “criterio della cassiera” e sequenzializzando le primarie in base a quel frazionamento. Per esempio, per la scelta del candidato sindaco di un comune si può usare il frazionamento in circoscrizioni, o gruppi o frazioni di esse, per la scelta del candidato senatore, o deputato, si procederà frazionando il collegio corrispondente, e così via per tutte le cariche, comprese quelle non monocratiche (consiglieri comunali, provinciali, eccetera), così come per decidere l’ordine con cui i candidati vengono messi in lista nei collegi multinominali.
(2 – continua)