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Le primarie del PD per il candidato premier hanno offerto uno spettacolo appassionante. Ora, però, è il momento di ragionare a freddo.

Perché Matteo Renzi non è riuscito vincere contro un rappresentante del passato che non passa mai, come Bersani, il candidato dell’apparato partitico? Perché ha ricevuto meno voti di Bersani, si dirà. Va bene, ma quante possibilità aveva veramente di vincere? Molte, poche, nessuna?

Nel 2008 Barack Obama, che al momento dell’annuncio della sua candidatura (gennaio 2007) era certamente meno noto negli Usa di quanto lo fosse Renzi in Italia, riuscì, dopo sei mesi di primarie combattute senza esclusione di colpi, a sconfiggere Hillary Clinton, la candidata sostenuta dall’establishment democratico. Solo un caso? Diversi programmi elettorali? Diverso appeal sugli elettori? Le variabili in gioco sono tante, ma qui ci preme sottolineare gli aspetti che davano ad Obama l’effettiva possibilità di vincere, e quelli che l’hanno invece negata a Renzi.

Le primarie del PD sono state primarie “o la va o la spacca”. Si votava lo stesso giorno in tutto il territorio nazionale. La data e le regole sono state comunicate poche settimane prima delle primarie. Le regole sono state elaborate da “organi dirigenti” di un apparato che aveva a capo uno dei candidati in lizza (Bersani). Tutte le regole, a ben guardare, sono state studiate apposta per favorire il candidato dell’apparato (ballottaggio, primarie di coalizione, pre-registrazione, ecc.). Non poteva essere diversamente: come poteva l’apparato di cui Bersani è capo fare regole contro il suo capo? Ciò che mi ha sorpreso è il fatto che Renzi si sia prestato al gioco, si sia fatto usare, sfruttare.

Proviamo ora ad immaginare una situazione completamente diversa.

1. Supponiamo che tutti gli elettori del PD potessero candidarsi, non soltanto i cinque usciti non si sa (ma in realtà si sa) da dove, e che potessero farlo con effettive possibilità di vincere.

2. In particolare, supponiamo che le primarie del PD fossero sequenziali, come quelle che ho proposto qui: una settimana in Molise, la settimana dopo in Abruzzo, quella dopo nelle Marche, e poi in Toscana, poi in Trentino Alto-Adige… in modo da rimuovere le difficoltà oggettive che penalizzano i candidati nuovi, non famosi e non  ricchi.

3. Supponiamo poi che le primarie del PD fossero aperte: nessuna pre-registrazione, nessuna dichiarazione di adesione ai valori del PD da firmare al seggio, nessuna somma da pagare per poter votare… in modo da attrarre più elettori possibile.

4. Supponiamo infine che le primarie del PD fossero regolamentate dagli elettori, invece che dagli apparati partitici (gli “organi dirigenti del PD), e con regole stabilite non poche settimane prima di tenere le primarie, ma anni fa, poco prima delle ultime elezioni politiche.

Cosa otteniamo? Otteniamo delle primarie americane… Come quelle del 2008 tra Obama e Clinton.

Secondo i miei calcoli, basati sull’affluenza alle primarie democratiche americane del 2008 tra Obama e Clinton, in Italia un centrosinistra (o un centrodestra) che tenesse primarie del tipo che ho appena descritto, per la scelta del suo candidato premier, potrebbe portare alle urne 10-12 milioni di persone. Sì, avete capito bene: non 3, ma 10-12 milioni di persone.

Ora, con le sue regole e modalità, senza sequenzializzazione, con pre-registrazione, facendo pagare il voto, chiedendo la sottoscrizione di una dichiarazione di adesione, convocando le primarie all’ultimo momento e stabilendo le regole poco prima nel chiuso dei suoi apparati, il PD ha portato alle urne intorno a 3 milioni di persone. Un risultato che soltanto l’ignoranza in materia può celebrare come un successo.

Perché ha vinto Bersani? Perché non ha vinto Renzi? Perché non ha vinto una cassiera del supermercato? Occorrerebbe chiederlo ai 7-9 milioni di elettori che avrebbero votato ma in realtà non hanno votato… Quegli elettori erano sufficienti a determinare qualunque risultato. Con primarie sequenziali, cioè con un’opportuna diluizione territoriale invece del sistema “o la va o la spacca”, vi lascio solo immaginare cosa avrebbe potuto succedere e non è successo: avrebbe potuto davvero emergere la volontà degli elettori, invece di quella dell’apparato.

Lo “spettacolo” offerto dal PD ha appassionato tante persone come le appassiona la finale di un torneo calcistico. Tre milioni di persone, invece che 10-12, sono quelle motivate dal tifo.

Non si tratta di democrazia: si tratta di tifo. 

Come puoi distinguere la democrazia dal tifo?

Se ti puoi candidare con effettive possibilità di vincere è democrazia, se puoi soltanto decidere da che parte stare è tifo.

Certo, come ho già spiegato qui, se andiamo avanti di questo passo impieghiamo due secoli ad arrivare (tanto quanto ci hanno impiegato gli Usa). Più razionale sarebbe importare il meccanismo americano 2012, il più efficiente ed avanzato che esista sul pianeta, e progredire a partire da quello.

Questo è l’obiettivo per cui si batte youcaucus.com 

Questo sito si batte per realizzare in Italia i partiti governati dagli elettori. Non partiti in cui gli elettori partecipano, ma partiti in cui gli elettori governano.

In questi giorni il PD sta decidendo, con modalità a dire il vero oscure ai più, le regole delle sue primarie. Come più volte spiegato in questo sito (vedi qui, qui e qui), le primarie del PD non sono vere primarie democratiche, perché non soddisfano il criterio della cassiera, cioè non permettono a persone poco conosciute di candidarsi con effettive possibilità di vincere, ma restringono l’insieme dei “papabili” a una piccola casta di personaggi già politicamente affermati, rendendoli di fatto privilegiati rispetto a tutti gli altri elettori del partito.

Le diatribe interne al PD ci mostrano ancora una volta, quasi ce ne fosse bisogno, il ruolo vitale della convention nei partiti americani, dove i delegati eletti con le primarie, semplici elettori tra elettori, governano il partito, in particolare stabiliscono le regole per le elezioni primarie successive, in modo che non siano i contendenti a farsi le regole su misura a ridosso della nuova competizione o a competizione in corso. Questo è proprio quello che sta succedendo ora nel PD.

La convention rimpiazza gli apparati. Nei partiti che non si dotano di questo strumento di governo popolare una casta di privilegiati riesce in breve tempo a impossessarsi del partito a scapito di tutti gli altri, e a conquistare gradualmente posizioni da cui non si schioderà mai più. Per la cronaca, l’assemblea del PD chiamata a votare sulle regole delle primarie non ha nulla a che spartire con le convention dei partiti americani moderni.

Le primarie del PD sono così chiuse che più chiuse non si può. Per prima cosa, all’elettore viene chiesto di pagare per il suo voto, cosa proibita nelle primarie americane. Si tratta di una mini-iscrizione, di fatto. Una specie di iscrizione ricaricabile invece che in abbonamento, una pay-per-vote“, dove paghi solo quando vuoi partecipare. In secondo luogo, a chi si reca alle urne viene chiesto di sottoscrivere una dichiarazione di adesione ai valori e programmi del partito, o della coalizione. Questo è precisamente ciò che negli Stati Uniti definisce le primarie come primarie chiuse. Come non bastasse, ora vorrebbero istituire un albo degli elettori, una pre-registrazione, e tante altre amenità che soltanto menti veramente “illuminate” possono concepire.

I “dirigenti” del PD spiegano che le precauzioni sono necessarie per evitare che vengano a votare i sabotatori dei partiti avversari. E’ una scusa vecchia come il cucco. Di precauzioni alternative per impedire ai sabotatori di sabotare ce ne sono infinite (tra l’altro, il problema del sabotaggio avversario non si pone nemmeno nelle primarie sequenziali), ma le scelte fatte dai “dirigenti” del PD hanno tutto il sapore si scelte studiate a tavolino per favorire un candidato e svantaggiare un altro candidato.

A Renzi posso solo dire questo: invece che cercare di cambiare il tuo partito, cambia partito. Siccome però di partiti americani in Italia non ce ne sono, creane tu uno a partire dal consenso che hai. Con i metodi dei partiti americani spiegati in questo sito puoi arrivare in pochi anni al 51%.

Stamattina ho consegnato una copia del libro “Il sistema dei partiti governati dagli elettori” a Matteo Renzi, che è venuto a Verona, al Palazzo della Gran Guardia, a tenere il comizio di apertura del suo tour elettorale per le primarie del PD. Purtroppo non ho potuto scambiare parole con Matteo. Gli ho solo detto di dare un’occhiata al libro mentre viaggia in camper da una località all’altra.

Per tutta la durata del comizio mi sono chiesto come avvicinare Renzi e dargli il libro. La mia impressione era che non avesse intenzione di intrattenere contatti con la gente venuta ad ascoltarlo. Infatti è successo proprio questo: più di un’ora di comizio, poi si è dileguato subito. Nessuna domanda dal pubblico, nessun confronto, nessuna discussione. Il bello è che per tutto il comizio ha spiegato come lui, a differenza degli altri, sia vicino alla gente, a contatto con la gente, ascolti la gente, eccetera, non solo a parole – diceva – ma nei fatti.

Alla fine ho risolto il problema seguendo la fila dei giornalisti che salivano al piano superiore della Gran Guardia, dove era in programma una conferenza stampa. Prima che iniziasse la conferenza, approfittando della confusione, ho dato il libro a Matteo che era già seduto al suo posto. Matteo l’ha guardato e mi ha detto che lo leggerà in camper.

E’ stato più difficile dare il libro a Matteo Renzi che a Silvio Berlusconi. Ogni volta che ho voluto, ho potuto intercettare Berlusconi con relativa facilità, dopo i suoi comizi, mentre passeggiava per la strada e incontrava la gente. Ho sempre potuto parlare anche un po’ con lui. A tutt’oggi, a mia conoscenza, Berlusconi è l’unico politico che non guarda gli elettori dall’alto in basso. Nei suoi comizi si esprime sempre con un linguaggio terra terra, che tutti capiscono. Certo, non è bastato questo a fare di lui uno statista, ma in fatto di comunicazione Renzi ha ugualmente qualcosa da imparare da Berlusconi.

Qualche suggerimento per Renzi, e qualche critica, sono d’obbligo. Per prima cosa, se può, faccia in modo che gli elettori non si sentano trattati da spettatori. E’ venuto, ha fatto il suo show, raccolto i suoi applausi, e poi via…, più veloce della luce. Secondo, eviti di essere prolisso. Quello che ha detto in 70 minuti lo poteva dire in 10-15. Il resto del tempo lo avrebbe potuto passare in mezzo alla gente, ascoltare quello che ha da dire e prendere nota. Spendere tante parole per dire che occorre essere concreti e non perdersi in chiacchiere è un controsenso. Terzo: sia più chiaro quando parla. Troppe volte lascia l’argomento in sospeso, o usa termini che conoscono solo gli addetti ai lavori, senza spiegarli. Quarto: citare il recente discorso di Michelle Obama alla convention americana per farci sapere (ci teneva!) che lui ha “avuto la fortuna” (parole sue) di assistervi personalmente qualche giorno prima… cos’è? La nuova frontiera del provincialismo? Il provincialismo alla fiorentina? Ma Renzi ha idea di quante persone si interessano ai discorsi di Michelle Obama, oltre a lui?

Infine, Renzi si dovrebbe liberare dal complesso che affligge da sempre tutti i politici italici (tranne Berlusconi, per la verità), quello che chiamo il complesso del prete. Per qualche misterioso motivo, non tanto misterioso considerato il numero di preti che circolano nel nostro paese, ogni volta che un politico parla si sente in dovere di fare un’omelia, o una lezione per ammaestrare le pecorelle venute a sentirlo. Sono rimasto fino alla fine solo perché speravo di consegnargli il libro, altrimenti un discorso noioso come il suo non me lo sarei mai inflitto.

Detto questo, faccio i miei migliori auguri a Renzi affinché possa vincere le sue primarie. A causa delle riserve appena espresse, Renzi non rappresenta il mio ideale di politico (ma se fa suo il progetto dei partiti governati dagli elettori cambio idea), però è migliore (ma ci vuol poco) dei politici visti finora nella storia della nostra Repubblica.

Il mio prossimo obiettivo è consegnare una copia del libro a Beppe Grillo, che cercherò di intercettare nei prossimi giorni. Come spiegato qui, il Movimento 5 stelle ha un grosso problema di funzionamento interno, e ancora non è chiaro come saranno decise le candidature. Il sistema dei partiti governati dagli elettori è la risposta a quei problemi. Il primo che lo capisce ne trarrà il massimo vantaggio, che si chiami Grillo, Renzi, o Berlusconi.

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