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In questi giorni sui giornali si leggono notizie molto confuse riguardanti le regole delle primarie che vuol fare il PdL. Le chiamano “all’americana”, ma sarà veramente così? Su questo sito monitoreremo in dettaglio quello che succederà, e vi informeremo se quelle che faranno sono veramente primarie all’americana o qualcos’altro.

Anche il PD, come sappiamo, ha avuto i suoi problemi a stabilire le regole delle sue primarie. Questi scontri interni, con pressioni da una parte e dall’altra per fare regole che favoriscano i propri amici ed escludano o mettano in difficoltà gli amici degli altri, sono travagli inevitabili dei partiti-apparato. Nei veri partiti americani sono gli elettori, tramite la convention, che stabiliscono le regole delle primarie e ne supervisionano la corretta applicazione.

Gli Stati Uniti hanno impiegato due secoli a trovare il metodo giusto. Ad ogni tornata elettorale ogni stato faceva e fa un esperimento diverso, per cui furono fatti 50 esperimenti ogni volta. L’esperienza americana ci insegna cosa fare, cosa non fare, ci spiega come trasformare le primarie in un successo di partecipazione. Ora i dirigenti del PdL credono di poter improvvisare le regole dal nulla, senza sapere nemmeno cosa sono le primarie, senza avere la minima conoscenza o esperienza in materia.

Per dare un’idea della potenzialità delle primarie all’americana, se fatte all’americana, diciamo che le primarie americane stanno alle primarie del PD come la Champions League sta alla Supercoppa Europea. La seconda è una competizione di un giorno, e attira attenzione per un giorno. L’altra è una competizione diluita, che suscita un interesse incredibilmente maggiore. Per fare le primarie all’americana c’è una sola possibilità: importare le regole americane attuali, modello 2012, e applicarle senza discuterle. Qualunque modifica è estremamente rischiosa.

Gli elettori americani partecipano in massa alle primarie perché le primarie danno loro l’effettivo governo del partito. Le regole non escludono nessuno, non rendono difficile candidarsi, non sono fatte per penalizzare gli uni rispetto agli altri, o per respingere gli elettori invece che attrarli, perché le regole sono fatte dagli stessi elettori. Il segreto del successo è questo, in democrazia. Molto semplice.

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Comunque, auguri al PdL. Qualunque cosa facciano, sarà utile come esperienza per la prossima volta. Certo, vorremmo vedere un progresso più veloce di un passetto ogni 5 anni, visto che gli Stati Uniti ci forniscono la formula su un piatto d’argento.
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Oggi Angelino Alfano ha dichiarato (fonte Repubblica.it):

“Subito dopo il ballottaggio delle amministrative, io e Berlusconi annunceremo la più grossa novità della politica italiana che cambierà il corso della politica italiana nei prossimi anni e sarà accompagnata dalla più innovativa campagna elettorale che la politica italiana abbia avuto dalla discesa in campo di Berlusconi del 1994”.

Tutti pensano all’entrata di Montezemolo nel PdL, o qualcosa di simile, ma io penso che la novità non sarebbe così sconvolgente, e ci sia necessariamente dell’altro. In particolare, riflettendo sulla “più innovativa capagna elettorale dal ’94” di cui parla Alfano, e ricordando chiaramente che Alfano si mostrò molto interessato alla mia proposta, quando gli parlai di primarie sequenziali all’americana, in una cena elettorale a Firenze il dicembre scorso, sono convinto che la novità sia proprio questa, cioè che il PdL annuncerà che

il candidato premier del PdL sarà scelto con primarie sequenziali all’americana, cioè diluite in due-tre mesi, dove gli elettori di ogni regione saranno chiamati a votare in settimane distinte, creando un evento che non ha precedenti fuori dagli Usa.

Una competizione del genere massimizza la risonanza sui media, quindi la pubblicità gratuita, massimizza anche la raccolta di fondi, perché costringe i candidati a percorrere tutto il territorio nazionale in lungo e in largo, e massimizza il ritorno di consenso, perché molti degli elettori attratti da un partito colle primarie americane, inclusi quelli abituati a votare per i partiti avversi, poi tornano a votare per quel partito alle elezioni generali.

Se vogliamo usare una metafora calcistica, le primarie sequenziali americane stanno alle primarie nazionali (tipo quelle del PD italiano) come una Champions League sta a una supercoppa. La prima è una competizione prolungata che suscita grande interesse in tutte le sue fasi, la seconda è una finale senza campionato, che interessa al massimo i tifosi di due squadre, e di cui si parla un giorno solo.

Un candidato che non sia già famoso o straricco non ha alcuna possibilità di presentarsi a primarie nazionali con possibilità di vittoria. Ma se le primarie vengono diluite come detto, tutti i candidati sono più o meno uguali sulla linea di partenza. Come negli Usa, può emergere ora un Mike Huckabee, domani un Rick Santorum, praticamente dal nulla, e avere concrete possibilità di ottenere la nomina, oppure un candidato di colore può sbaragliare la superfavorita dell’establishment, o un “Carter chi?” può diventare presidente.

Certo, probabilmente con la novità annunciata da Alfano c’entra anche Luca Cordero di Montezemolo, nel senso che non si può pensare di arruolare Montezemolo come deputato del PdL, ma non si può neanche pensare di offrirgli la candidatura a premier così su due piedi. Offrirgli invece una competizione aperta come quella americana, dove possono misurarsi tutti con vere possibilità di vittoria e… che vinca il migliore…, sembra una proposta alquanto allettante e ragionevole.

Staremo a vedere. Forze il momento della rivoluzione politica è arrivato? Sembra difficile che una rivoluzione del genere possa emergere dall’interno dei partiti, invece che essere loro imposta in qualche modo dall’esterno, ma siccome così capitò in USA quarant’anni fa,  potrebbe capitare anche in Italia. Vi aggiornerò a breve.

***

Per consultare la proposta che ho consegnato ad Alfano il 18 dicembre 2011, clicca qui

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