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Recentemente Rick Santorum ha annunciato il suo ritiro dalla corsa alla nomina repubblicana. Alcune delle ragioni principali sono state la mancanza di fondi e le crescenti difficoltà a raccoglierne di nuovi. 

Nelle scorse settimane i mezzi di comunicazione americani hanno quasi sempre ignorato Santorum. Quando non l’hanno ignorato, lo hanno descritto come un candidato senza alcuna chance di vincere la nomina, interrogandosi unicamente sulla data in cui avrebbe deciso di ritirarsi. A causa di questa immagine negativa, per lui era diventato troppo difficile raccogliere nuovi fondi. I potenziali donatori, scoraggiati, chiudevano i portafogli.

Una stagione di primarie ancora più combattuta di quella che c’è stata avrebbe rafforzato ancora di più il vincitore. D’altra parte, nella situazione venutasi a creare, il ritiro di Santorum era inevitabile. Non aveva scelta, se non voleva fare debiti. Prendendo ispirazione da questa storia, vorrei fare alcune osservazioni sulla situazione attuale del partito repubblicano.

Perfino negli Stati Uniti, dove i partiti sono aperti e governati dagli elettori, i partiti non sono completamente liberi da condizionamenti e interferenze che provengono da varie direzioni. Per esempio, a un certo punto membri del partito (rappresentanti eletti a varie cariche pubbliche di spicco) iniziarono a fare pressione su Santorum per spingerlo a ritirarsi. A ruota, i mezzi di comunicazione amici, come Foxnews, iniziarono ad ignorarlo (come già avevano fatto con Newt Gingrich e Ron Paul), come se la stagione delle primarie fosse già terminata. C’era la sensazione che ci fosse una specie di coordinazione dietro questo tipo di comportamenti, implicita o esplicita. Tuttavia, le regole dei partiti americani non contemplano scorciatoie come queste, che possono soltanto danneggiare il vincitore.

Nel momento in cui veniva data per scontata la vittoria di Mitt Romney, e i competitori venivano giudicati senza speranza, la mancata competizione faceva sì che i mezzi di comunicazione passassero sotto silenzio le debolezze dello stesso Romney, come ad esempio le sue difficoltà a convincere gli elettori repubblicani degli stati del sud. Probabilmente i media amici pensavano di poterlo aiutare, coprendo quelle difficoltà. Forse credevano che fosse meglio mettere fine ad una competizione interna al partito che sembrava interminabile e poteva trascinarsi fino alla convention, per cominciare a concentrarsi sul vero bersaglio, Barack Obama. Tuttavia, questo non era quello che pensavano gli elettori, era solo quello che pensavano coloro che avevano il compito/dovere di tenerli adeguatamente informati. Nessuna regola del partito repubblicano attribuisce a costoro il diritto di decidere al posto degli elettori.

Infatti, nascondere le difficoltà di Mitt Romney non lo aiuterà affatto.

Il sistema fatto di primarie sequenziali e convention ha una grande virtù: permette di fare emergere la volontà popolare con dovuto anticipo. Il candidato alla nomina può scoprire le proprie debolezze per tempo, quindi prendere delle precauzioni e contromisure, risolvere i problemi, superare quelle difficoltà. Ignorare il responso degli elettori e nascondere le debolezze significa non trarre alcun vantaggio dallo strumento primarie/convention, rinunciare a sfruttarne le enormi potenzialità, e alla fine mettere l’establishment al di sopra del popolo, come ai vecchi tempi.

Alle volte il partito repubblicano americano mostra mancanza di disciplina e prende un gran numero di decisioni scoordinate e illogiche. La ragione principale è che quel partito è sostanzialmente un "partito anarchico", cioè un partito senza alcuna vera e propria regola nazionale (a differenza del partito democratico americano, che si è datto delle regole nazionali, anche se blande, a partire dal 1972). L’argomento usato tipicamente da chi vuole porre velocemente fine alla stagione delle primarie è: "ma lo facciamo solo nell’interesse del partito". Si tratta di un argomento insensato. Che ne sanno queste persone di quale sia l’interesse del partito? Non sono gli elettori a stabilire qual è l’interesse del partito? In definitiva, l’unico interesse del partito è attrarre elettori e per attratte elettori occorre convincerli a votarti. Sostituire la volontà degli elettori con la propria è l’errore peggiore e più comune commesso dai politici, e non aiuta certo ad attrarre nuovi elettori, casomai aiuta a respingere una parte di quelli già acquisiti.

Romney avrà delle grandi difficoltà a convincere gli elettori del sud a scendere in campo e sostenerlo coll’entusiasmo di cui ha disperatamente bisogno. Per ridurre il danno, probabilmente sceglierà un candidato vicepresidente proveniente dal sud, magari una donna. Tuttavia, una soluzione del genere sarà comunque percepita per quello che è: un taglia-incolla, "un po’ di questo per guadagnare un po’ di quello", una tipica operazione di facciata con cui un politico cerca di coprire le proprie mancanze. Non entusiasmerà gli elettori e non scalderà i loro cuori. Molti di loro, specialmente nel sud, si sentiranno ignorati e trascurati. Una piccola percentuale di loro non andrà a votare. Probabilmente quella piccola percentuale di votanti costerà a Mitt Romney la vittoria.

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