Realizzare in Italia il sistema dei partiti governati dagli elettori
Del sistema americano abbiamo apprezzato la grande versatilità, il dinamismo, e la pervicacia nel perseguire il suo obiettivo ultimo di fare emergere la volontà popolare, dando a tutti gli elettori uguali possibilità, di fatto e non solo in principio, e contrastando ogni forma di privilegio. Abituati al sistema italiano e non avendo termini di paragone, non sarebbe stato facile apprezzare il sistema americano senza lo sforzo fatto nelle prime due parti del libro, perché quel sistema, come ci siamo resi conto, è radicalmente diverso dal nostro, e richiede un approccio mentale completamente nuovo per noi. Forse, prima di vederlo in atto, un sistema come quello non l’avremmo nemmeno creduto possibile. Insistere su dettagli, meccanismi e regole è stato utile per far capire al lettore che davvero nei partiti americani moderni non rimane nessuno spazio vuoto colmabile da apparati e capi-partito, nessuna decisione è sottrata al controllo degli elettori, nessun individuo o gruppo di individui può sostituirsi agli elettori, neanche temporaneamente e neanche per le motivazioni più “ragionevoli”, che sono spesso addotte per coprire intenzioni oblique, e usate per aprire brecce a trucchi e macchinazioni tesi a mortificare la volontà popolare. Allo stesso tempo, ci siamo resi conto di quanto sia facile, cambiando un po’ le regole e i meccanismi di partecipazione, negare di fatto agli elettori il potere decisionale.
Le informazioni raccolte in questo libro servono anche a colmare una lacuna, che ci vede spesso impreparati sul tema dei partiti americani, di cui solitamente abbiamo rappresentazioni superficiali e folcloristiche (la convention dei palloncini, la politica delle lobby e delle dinastie, eccetera), anche se questo non impedisce a molti di elargire giudizi, affrettati e gratuiti quando va bene, sugli Stati Uniti, gli americani e il loro sistema politico. Per questo e per altri motivi, chi si mette a studiare seriamente il sistema dei partiti americani deve innanzitutto superare le grosse barriere acquisite involontariamente dall’aver vissuto anni e anni immerso in un sistema politico come quello italiano, fare uno sforzo non indifferente per frantumare la zavorra mentale che ostacola la comprensione dei problemi e la ricerca di soluzioni. Si pensi soltanto all’antiamericanismo gratuito che esiste ancora in Italia e in molte parti d’Europa, che impedisce a tanti di prendere anche solamente in considerazione la possibilità che per migliorare la nostra situazione ci si possa ispirare agli Stati Uniti ed imparare da loro. Avvicinarsi ad un partito italiano, magari iscriversi e poi partecipare alle sue attività, può essere molto utile ad inquadrare il problema, perché aiuta a rendersi conto di quelle che sono le vere domande da porsi, prima ancora che cercare risposte, che è il primo passo per andare oltre una generica denuncia di quello che non va. D’altra parte, chi non ha mai avuto contatti diretti con i partiti politici difficilmente può sperare di acquistre la lucidità che serve per impostare il discorso nella maniera corretta. Assai più probabilmente sarà distratto da una miriade di aspetti fuorvianti.
La vera natura dei partiti americani rimane oscura per molto tempo, perché, per esempio, tendiamo ad escludere aprioristicamente che un partito possa sostenersi senza una vera struttura, quindi andiamo inutilmente alla ricerca di una struttura che in realtà manca. Di grande aiuto non sono tanto i libri scritti dagli studiosi in materia, che, non avendo mai fatto politica in maniera diretta, sorvolano spesso sulle questioni chiave e pongono troppa attenzione su aspetti marginali e curiosi, ma soprattutto i documenti di partito reperibili su internet, grazie ai quali è possibile veramente “entrare” nei partiti americani, farsi un’idea precisa di cosa sono e come funzionano, quindi paragonarli ai nostri partiti e al nostro sistema. A chi fosse interessato ad approfondire la ricerca e, spinto dalla curiosità desiderasse quasi “partecipare” alle consultazioni americane per vedere in prima persona come funzionano, può essere utile spulciare tra i video di Youtube, digitando parole chiave come “Iowa caucus”, o simili. Molti partecipanti di quei caucus hanno postato video girati personalmente durante i raduni.
Spesso siamo noi stessi ad impedirci di apprezzare la semplicità del sistema dei partiti governati dagli elettori, e a indurci a crederlo irrealizzabile, in Italia o altrove. Quella zavorra mentale che abbiamo assorbito senza rendercene conto ci induce ad accettare con disinvoltura l’inconcepibile e l’assurdo, cioè il sistema nostro attuale, e a scartare o considerare utipistico ciò che invece è semplice e alla nostra portata. Il motivo psicologico per cui, quasi involontariamente, tendiamo a cercare pretesti e giustificazioni per convincerci che un sistema in cui gli elettori governano i partiti sia irrealizzabile in assoluto o irrealizzabile nel contesto in cui viviamo, è che ci costringerebbe a riconoscere quanto siamo stati ingenui, per non dire altro, a farci privare, diciamo pure derubare, per decine d’anni del bene più prezioso che era nostro: la libertà. Ci troviamo di fronte ad una scelta scomoda ed imbarazzante. Per molti è più comodo continuare a credere che i partiti governati dagli elettori siano un’irrealizzabile utopia, piuttosto che ammettere di essere stati per decenni degli sprovveduti.
In questo libro l’analisi è stata volutamente confinata agli Stati Uniti. Infatti, gli altri paesi europei non offrono modelli altrettanto validi, o da imitare, e i loro sistemi partitici o istituzionali sono molto meno attraenti. Quello che hanno da dirci è poco più di quello che già sappiamo. Non è nemmeno il caso di insistere discutendo di assetti istituzionali, leggi elettorali e norme costituzionali. Fare un’analisi dei sistemi elettorali o istituzionali europei ed americani sarebbe dispersivo, servirebbe più a confondere le idee che a chiarirle, impedirebbe di andare al nocciolo del problema e mettere a fuoco la sua soluzione con la lucidità necessaria, renderebbe difficile concentrarsi a studiare in profondità il sistema migliore, quello che permette di raggiungere l’obiettivo, e infine darebbe l’idea, contestata già nell’introduzione di questo libro, che la democrazia non sia universale, ma si presti alle più svariate, diciamo pure bizzarre, interpretazioni locali e particolari, cioè che tutti possano fare in casa propria la propria particolare democrazia, perché tanto basterebbe una sfarinata di elezioni qualunque, primarie e non, per fregiarsi del marchio “democrazia”…
Un tale approccio avrebbe l’effetto contrario a quello prefisso in questo libro, suggerendo che la materia sia complessa quando invece è semplice, e che il traguardo sia irraggiungibile quando invece è raggiungibilissimo. Cambiare le leggi è difficile, perché richiede di sedere già in parlamento. Cambiare la Costituzione è ancora più difficile. Ma cambiare i partiti o crearne di migliori è qualcosa che può essere fatto anche oggi stesso.
Cosa sono i partiti? Diamo per scontato di conoscere la risposta a questa domanda, ma in realtà è proprio da qui che dobbiamo partire: cos’è un partito? Il funzionamento dei partiti è un aspetto fondamentale di un sistema politico, non una questione marginale. Purtroppo finora questi temi hanno attratto assai meno attenzione dei temi più appariscenti, quali i sistemi elettorali e gli assetti istituzionali. Una parziale giustificazione è che studiare il funzionamento dei partiti richiede di dissotterrare una grande quantità di informazioni non facilmente accessibili, come quelle contenute nei documenti di partito, raramente diffuse al grande pubblico, e quelle reperibili soltanto dagli articoli di giornale, poche volte trattate dagli studiosi. Per quanto le fonti di queste informazioni siano oggi accessibili praticamente a tutti, grazie ad internet, soltanto una paziente e faticosa ricomposizione dei pezzi del puzzle può rivelare e far apprezzare la bellezza del “mosaico” che appare alla fine.
Fatto questo lavoro, come possiamo qualificare il risultato ottenuto dagli americani? Un’opera d’arte? Anche quello, sicuramente, ma in realtà è molto di più. Quella americana è una vera e propria scoperta scientifica, forse una delle più importanti scoperte scientifiche fatte nel secolo scorso. Gli Stati Uniti hanno trovato “la formula”, la soluzione pratica al problema della democrazia indiretta. Si trattava effettivamente di un problema assolutamente non banale, ma oggi la soluzione è a disposizione di tutti.
Coloro che si trovano in una posizione di potere difficilmente resistono alla tentazione di approfittare delle regole tecniche per rendere difficile l’accesso di tutti gli altri alla cosa pubblica, creare clan ed elite, rendite di posizione, diritti acquisiti e privilegi a proprio vantaggio, mortificare la volontà popolare anziché permettere al popolo di esprimersi, e farsi scudo degli argomenti apparentemente più ragionevoli per mascherare le proprie intenzioni. Percorrendo la storia dei partiti americani abbiamo apprezzato quanto fu difficile, anche negli Stati Uniti, trovare la strada giusta che permise di depotenziare qualunque furberia di questo tipo. Non dimentichiamo, poi, che gran parte della scoperta fu fatta per puro caso, non per calcolo. Per esempio, la sequenzializzazione delle primarie, cruciale per evitare che il vantaggio di alcuni diventi privilegio a danno degli altri, fu una naturale e spontanea consequenza della struttura federale degli Stati Uniti, non la concezione di una mente geniale. Una volta che la scoperta è fatta, tuttavia, diventa universale, patrimonio dell’umanità, e chiunque può servirsene, qualunque sia l’assetto istituzionale del paese in cui vive, qualunque sia la legge elettorale in vigore, sia che lo stato abbia struttura federale o meno.
Una delle cose di cui ci si rende conto ricomponendo il mosaico, è che forse nemmeno gli americani sono ancora pienamente consapevoli della grandezza del risultato che hanno raggiunto. Come spiegare altrimenti il fatto che quando vanno ad “esportare la democrazia” in Iran, in Afghanistan o in altri paesi, si accontentano di esportare “democrazie qualunque”, invece dell’unica, vera democrazia, che è la loro? Una democrazia trasparente e senza trucchi, che impegna i candidati e i loro sostenitori per mesi, che sancisce i vincitori in maniera tale da non ammettere contestazioni e recriminazoni, non è forse un ottimo sistema per distrarre chi è troppo abituato ad usare i fucili, e dargli qualche prospettiva migliore?
In effetti, ci si potrebbe chiedere come mai gli americani, in queste materie, siano sempre molto meno esigenti con gli altri che con loro stessi. Forse sotto sotto c’è la consapevolezza e l’orgoglio di essere, come a ragione ricordano spesso, “il paese della libertà” e “il paese migliore del mondo”. Perché dunque non custodire gelosamente quel primato, approfittando del fatto che su questi temi gli altri paesi sono, come dire…, un po’ addormentati? Perché svegliarli, rischiando che magari riprendano il lavoro fatto dagli americani, la scoperta scientifica di cui sopra, e a partire da quello facciano ulteriori progressi, per rubare agli Stati Uniti il primato di “paese più libero al mondo”? Forse per questo motivo, forse per altri motivi, nei paesi in cui vanno ad “esportare la democrazia” gli americani si accontentano del risultato minimo sufficiente che permette di mandare al potere uomini fidati. Tuttavia, forse una parte della spiegazione stia anche nell’osservazione fatta sopra, cioè che nemmeno loro si sono ancora pienamente resi conto della grandezza della scoperta che hanno fatto, non hanno ancora pienamente interiorizzato ed apprezzato il valore del traguardo che hanno raggiunto nel loro paese. Teorizzare quel sistema, come facciamo qui, e poi importarlo in Italia e in Europa, e forse altrove, serve anche per sancirlo come patrimonio dell’umanità, come conquista irreversibile, e scongiurare che una serie imprevista di eventi possa cambiare la direzione di marcia e far dimenticare i progressi fatti.
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