“Noi” e “loro”

Percorrendo la storia americana ci siamo resi conto che il sistema americano non è sempre stato così aperto come è oggi. Anzi, il sistema dei partiti governati dagli elettori è relativamente recente, più giovane dell’autore di questo scritto. Prima del 1972 la politica americana era macchiata da giochi di potere e furberie che non hanno nulla da invidiare a quelle che oggi inquinano la politica italiana. Spesso la considerazione che gli apparati partitici avevano della volontà popolare era così bassa che nella convention, composta in gran parte di delegati nominati dai boss locali, il candidato presidente voluto dagli elettori, emerso dalle primarie tenute in una manciata di stati, era sostituito senza troppe cerimonie con il candidato voluto dall’apparato.

Questi fatti sono utili per rispondere alla prima obiezione, in verità un’obiezione che si sente fare spesso, cioè che… “sì certo, sarebbe bello, ma noi non siamo americani, siamo italiani, e allora purtroppo…” Argomenti simili potrebbero valere per molti paesi europei, e anche l’Europa in quanto tale, visto il suo passato più o meno recente. Chi non è informato che la politica americana si è aperta solo di recente, dopo una lunghissima traversata nel deserto, può farsi scoraggiare dalla presunta immutabilità della situazione italiana attuale, o dalla sua mutabilità in senso unicamente opposto a quello tracciato qui. La realtà è ben diversa, tanto che neanche gli Stati Uniti sono nati “così come sono ora”, ma si guadagnarono la libertà di cui godono oggi, e di cui vanno giustamente fieri, con determinazione e grazie ad un lavoro lungo e paziente. Non esistono diversità che impediscano agli altri paesi di seguire le orme degli Stati Uniti.

Gli americani impiegarono 140 anni a scoprire e realizzare il sistema dei partiti moderni governati dagli elettori, cosa che avvenne soltanto una quarantina di anni fa. Tuttavia, l’obiettivo finale da raggiungere divenne chiaro relativamente presto, tanto che nei primi anni 1830 la convention fu introdotta proprio quale “governo popolare del partito”. L’introduzione della convention non bastò, fu soltanto il primo passo, ma sta a testimoniare che già allora era presente l’idea che i partiti devono essere governati dai propri elettori. Anche noi, 182 anni dopo, dobbiamo acquistare questa consapevolezza, e non c’è diversità tra “noi” e “loro” che possa giustificare un’ulteriore sottovalutazione del problema.

Abbiamo già descritto quella americana come una vera e propria scoperta scientifica, la soluzione del problema della democrazia rappresentativa. In questo spirito, val la pena di sottolineare che nessuno si è mai privato dell’opportunità di sfruttare una scoperta scientifica solo perché a farla furono delle persone di nazionalità diversa dalla sua. è come se, per usare un paradosso, avessimo a suo tempo rinunciato ad importare ed usare la lampadina, per esempio, perché inventata dagli americani, in ossequio alle nostre ormai radicate consuetudini di servirci di candele e lampade a gas, per preservare la nostra identità di produttori e consumatori di candele, le nostre tradizioni e specificità di cui andavamo gelosi e fieri, per non perdere la “poesia” di un’atmosfera che la lampadina, a differenza della candela, non ci dava più. Alle volte in politica si fanno strada argomentazioni assurde, del tutto equivalenti a quelle appena esposte. Ripetute un numero sufficiente di volte, vengono alla fine assorbite come fossero normali e sensate. In realtà si può osservare che la maggior parte di quei discorsi sono messi in circolazione e diffusi da gruppi elitari che hanno effettivamente interesse a difendere le rendite di posizione acquisite abusivamente nel corso del tempo, conservare il sistema del privilegio, far passare l’idea che ci sia qualche impedimento dirimente a restituire o dare al popolo la libertà, convincere che gli sforzi in quella direzione siano vani e senza sbocco, perché “noi siamo italiani, mica americani”. In definitiva, certi pretesti possono essere presi sul serio e meritare risposta, ma soltanto fino a un certo punto, per non dare loro dignità di argomenti validi per il solo fatto che ci si presta a prenderli in considerazione. Occore ricordare che i primi a sapere che quel tipo di rilievi sono infondati sono precisamente coloro che li propongono, i quali contano sulla reazione suscitata negli interlocutori proprio per dare a quegli argomenti un valore che non hanno.

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