Correzioni e mini-controriforme

Alcune delle nuove norme erano ancora imperfette. Per esempio, la regola proporzionale adottata per l’assegnazione del numero dei delegati poteva essere raggirata. Inoltre, non era ancora chiaro come si dovesse tradurre in pratica il “giuramento” dei delegati impegnati ai candidati alla nomina. Alcuni stati vincolarono i propri delegati a votare per i candidati alla nomina a cui si erano impegnati per una sola votazione alla convention, altri stati per due, altri per tre, altri ancora per tutte e infine alcuni stati non vincolarono i propri delegati per nulla. Alcune regole erano davvero complicate, oltre che di efficacia discutibile. Per esempio, il Texas vincolò i propri delegati per tre votazioni, a meno che il candidato non ottenesse meno del 20% nella seconda. La Florida, la Georgia e l’Oregon, più il Maryland e il Nebraska per i soli repubblicani, vincolarono i propri delegati per due votazioni, a meno che il candidato non ottenesse meno del 35% nella prima. Per risolvere questi ed altri problemi occorsero altri esperimenti, altre elezioni primarie, altre convention.

Le riforme della commissione McGovern-Fraser stabilivano che tutti i delegati fossero “delegati giurati di base”, cioè semplici elettori democratici che presentavano domanda colle modalità spiegate sopra. I leader di partito che volevano fare domanda per posti di delegato alla convention dovevano seguire le stesse procedure di qualunque normale elettore democratico. Nessun posto o privilegio erano riservati loro. I capi-partito e rappresentanti eletti erano molto riluttanti a seguire le procedure dei normali cittadini e soprattutto a dichiarare in anticipo quale candidato alla nomina intendevano sostenere. La conseguenza fu che fecero a meno di partecipare alla convention. La scarsa presenza dei rappresentanti del partito generò preoccupazione tra le fazioni più conservatrici. Questo portò, negli anni successivi, all’approvazione di una serie di mini-controriforme, che garantirono uno spazio, per la verità limitato, ai leader di partito e ai rappresentanti eletti.

Nelle tornate elettorali successive al 1972 furono istituite altre commissioni speciali, simili alla McGovern-Fraser, una per ogni convention, fino a quella del 1988, incaricate di studiare modifiche e revisioni. Dopo il 1988 l’onere di apportare aggiustamenti al processo di nomina passò al comitato per le regole, un sottocomitato del comitato nazionale, perché ormai i ritocchi necessari riguardavano aspetti marginali del processo di designazione dei delegati e non era più necessario istituire apposite commissioni di riforma. I rapporti delle commissioni speciali o del comitato per le regole erano sempre soggetti all’approvazione finale del comitato democratico nazionale, prima di entrare in vigore. Nel processo di raffinamento successivo al 1972 l’impianto fondamentale della commissione McGovern-Fraser fu mantenuto, ma furono introdotte modifiche di una certa importanza. Vediamole punto per punto.

1) Delegati giurati di partito. Per rispondere alle preoccupazione di coloro che ritenevano che i leader di partito fossero di fatto disincentivati dal partecipare alla convention, le regole del 1976 sollecitarono il comitato nazionale a concedere ai governatori democratici e ai membri del Congresso non eletti come delegati alcuni privilegi alla convention, senza diritto di voto. Nel 1980 la commissione Winograd andò oltre, introducendo i “delegati giurati di partito”, in numero pari al 10% dei delegati di base. Si trattava di posti di delegato riservati ai cosiddetti PLEO (party leader and elected official), cioè i leader del partito e i rappresentanti eletti. In ordine di priorità, potevano fare domanda per i posti di delegato giurato di partito in primo luogo i sindaci di grandi città e i rappresentanti eletti a cariche statali; in secondo luogo i deputati e senatori statali, e gli altri leader di partito e rappresentanti eletti a livello statale, di contea e cittadino.

La garanzia di un certo numero di posti riservati loro fu l’unica concessione ai PLEO. Per il resto, i PLEO che si volevano candidare ai posti di delegato giurato di partito dovevano presentare lo stesso tipo di domanda dei cittadini che si candidavano ai posti di delegato giurato di base. Come loro dovevano dichiarare in anticipo il candidato alla nomina che intendevano sostenere e presentare una dichiarazione controfirmata in cui promettevano solennemente di sostenerlo. La percentuale di delegati giurati di partito rimase inalterata nel 1984. Nel 1988 la commissione Fowler elevò la frazione di delegati giurati di partito al 15% dei delegati di base, percentuale che rimase invariata fino ad oggi.

2) Vincoli. Le regole del 1980 stabilirono che i delegati giurati erano tenuti a votare per il candidato presidente a cui si erano impegnati almeno per la prima votazione della convention. Nel 1984 il riferimento alla prima votazione fu soppresso e le regole recitarono: “i delegati giurati eletti alla convention nazionale solennemente impegnati a un candidato presidenziale devono in buona coscienza riflettere i sentimenti di coloro che li hanno eletti”. La formulazione del 1984 rimase invariata fino ad oggi.

3) Sbarramento. Le regole del 1976 diedero agli stati la facoltà di correggere il sistema proporzionale, usato per stabilire il numero di delegati vinti dai candidati alla nomina, introducendo una soglia di sbarramento al 15%. La soglia era permessa sia nelle primarie che nei caucus. Negli stati che adottarono questo sistema, soltanto i candidati che superavano la soglia di preferenze vincevano delegati giurati a loro impegnati. La regola valeva tanto per i delegati giurati di distretto quanto quelli “at large”, tanto per i delegati giurati di base quanto quelli di partito. La soglia si applicava anche ai delegati giurati non-impegnati. Essi venivano eletti, nel numero appropriato, soltanto se il loro gruppo otteneva una percentuale di preferenze superiore alla soglia. Coll’introduzione dello sbarramento il processo di selezione dei candidati si focalizzò sui candidati che dimostravano di godere di maggior consenso popolare e quindi avevano maggiori probabilità di vincere contro gli avversari nelle elezioni generali. Nel 1980 la soglia di sbarramento fu resa obbligatoria, e tale rimase fino ad oggi. Tuttavia, il valore della soglia subì una serie di variazioni, da un minimo del 15% ad un massimo del 20% nei caucus, fino ad un massimo del 25% nelle primarie, finché, a partire dal 1992, fu stabilita definitivamente e obbligatoriamente la soglia del 15%.

Nel caso, poco frequente, che nessun candidato ottenesse più del 15% dei voti, le regole prevedevano una soglia di sbarramento più bassa. La soglia ridotta era calcolata come la percentuale del candidato più votato meno il 10%.

4) Proporzionale. Le regole del 1972 e del 1976 avevano permesso l’elezione diretta dei delegati giurati abbinati ai candidati alla nomina, sistema che, come abbiamo spiegato sopra, permetteva di fatto di aggirare la regola proporzionale. Infatti, con quel sistema erano eletti i delegati più votati, qualunque fosse il nome del candidato presidente a cui si erano impegnati. Pertanto, un candidato poteva vincere anche tutti i delegati, restaurando di fatto la regola del “vincitore piglia tutto”, che le riforme si proponevano invece di abolire. Usata in alcuni stati anche dal Partito Democratico fino alla riforma McGovern-Fraser, oggi quella regola è usata soltanto dal Partito Repubblicano, in un numero notevole di stati. Essa assegna tutti i delegati al candidato alla nomina che ottiene la maggioranza relativa delle preferenze. La commissione Winograd, che scrisse le regole del Partito Democratico per il 1980, fece un primo tentativo per eliminare qualunque situazione che potesse portare a questo sistema di assegnazione dei delegati. Tuttavia, la formulazione delle regole non era ancora sufficientemente chiara, tanto che alcuni stati riuscirono ugualmente ad usare l’elezione diretta dei delegati abbinati ai candidati alla nomina. Da allora questo sistema prese il nome di “loophole primary” (letteralmente: “primaria da carenza normativa”) in riferimento alla lacuna che lo mantenne in vita. Le regole del 1984 e del 1988 reintrodussero questo tipo di elezione diretta dei delegati, che fu definitivamente abolito a partire dal 1992.

Per un certo periodo il Partito Democratico permise altre varianti della regola proporzionale, come per esempio la proporzionale con un limitato premio di maggioranza per il candidato che otteneva più voti (detta “vincitore piglia di più”). Nel 1984 e nel 1988 al candidato più votato in un distretto poteva essere concesso un bonus pari a un delegato di distretto. Gli altri delegati di distretto erano assegnati col metodo proporzionale. Nel 1988 otto stati con primarie e due con caucus adottarono il sistema del bonus.

La convention democratica del 1988 rese obbligatoria la regola proporzionale con sbarramento al 15%, che entrò in vigore a partire dalla tornata elettorale successiva. Abolì definitivamente i bonus e l’elezione diretta dei delegati. Un candidato alla nomina poteva ancora vincere tutti i delegati, ma soltanto se era l’unico a superare la soglia di sbarramento.

Nell’era delle primarie moderne, anche i delegati giurati eletti con il sistema caucus-convention furono assegnati ai candidati alla nomina proporzionalmente ai voti raccolti, contati come i voti di preferenza ricevuti a livello dei caucus locali. Il numero di delegati giurati di contea, distretto, o stato, impegnati a un candidato alla nomina era proporzionale al numero di preferenze raccolte dal candidato nei caucus locali della contea, del distretto, o dello stato, rispettivamente. Precisamente, si procedeva nel seguente modo. Nei caucus locali gli elettori esprimevano la loro preferenza per i candidati alla nomina. Poi, i sostenitori del candidato alla nomina CN sceglievano i delegati giurati alla convention di contea impegnati a sostenere CN, in numero proporzionale alle preferenze raccolte da CN. Nei livelli successivi (convention di contea, convention di distretto e convention di stato) il gruppo di delegati giurati impegnati a CN sceglieva al suo interno i delegati giurati impegnati a CN per il livello successivo, sempre in numero proporzionale alle preferenze totali raccolte da CN nei caucus locali del territorio corrispondente. In questo modo, ogni candidato alla nomina aveva garantita, a ciascun livello, una rappresentanza di delegati giurati impegnati a sostenerlo proporzionale al suo consenso popolare.

5) Diritti dei candidati alla nomina. A partire dal 2000, chi si vuole candidare alla nomina deve essere un elettore democratico registrato come tale fin dalle precedenti elezioni presidenziali, e aver dimostrato impegno per la realizzazione degli obiettivi del Partito Democratico. Tra il 1972 e il 1996 erano in vigore richieste più rigide (l’aspirante candidato doveva aver accumulato un record pubblico di attività che dimostrassero la sua dedizione agli interessi e al successo del Partito Democratico), mentre solo nel 1996 le richieste furono più blande (bastava la registrazione come elettore democratico nelle sole presidenziali a cui intendeva candidarsi). Dal 1996 i partiti statali non possono richiedere la presentazione di più di 5000 firme e il pagamento di più di 2500 dollari per la presentazione delle candidature.

Il regolamento dava ai candidati alcuni diritti specifici, validi ancora oggi. Con un certo anticipo rispetto allo svolgimento delle primarie, il comitato statale del partito inviava ad ogni candidato alla nomina la lista contenente i nomi di tutte le persone che avevano presentato domanda per fare i delegati giurati di base di distretto in suo sostegno. Il candidato poteva decidere quali nominativi rimuovere e quali approvare, ma era comunque vincolato ad approvarne un numero almeno uguale al massimo numero di delegati conquistabili in quel distretto. Le persone rimosse da un candidato non potevano essere elette come delegati impegnati a sostenerlo.

Poteva capitare che un candidato alla nomina, chiamiamolo CN, non trovasse in tempo un numero sufficiente di persone disponibili a fare i delegati giurati in suo sostegno. I partiti statali non avevano il diritto di imporre soglie minime per escludere candidati che si trovavano in questa situazione. Se il candidato CN vinceva più delegati di quelli che avevano fatto domanda in suo sostegno, dopo le primarie erano riaperti i termini per candidarsi a posti di delegato giurato in sostegno di CN. Come prima, i cittadini interessati potevano presentare domanda allegando una dichiarazione controfirmata in cui promettevano solennemente di sostenere il candidato CN. La lista di quelle persone era poi inviata a CN per la sua approvazione. CN doveva approvarne un numero pari ad almeno il triplo dei posti vacanti rimasti. In genere la selezione era completata da caucus locali post-primarie, dove gli elettori che sostenevano CN si riunivano ed eleggevano i delegati giurati di base di distretto tra i nominativi approvati da CN. Pertanto, ogni candidato aveva la garanzia di non perdere alcun delegato vinto.

Similmente, al candidato alla nomina CN erano inviate, entro le scadenze corrispondenti, le liste contenenti i nominativi dei PLEO e dei comuni cittadini che desideravano candidarsi a fare i delegati giurati di partito e i delegati giurati di base “at large”, rispettivamente, e avevano firmato la promessa solenne di sostegno a CN. Il candidato alla nomina poteva decidere quali nominativi approvare e quali respingere, col vincolo di approvarne comunque almeno uno per ogni posto disponibile.

6) Selezione dei delegati giurati. Riepilogando, i delegati giurati erano divisi in delegati di base, scelti tra i semplici elettori del partito, e delegati di partito, il cui numero non poteva superare il 15% dei delegati di base. Tre quarti dei delegati di base erano eletti a livello di distretto, un quarto a livello statale. Tutti i delegati di partito erano eletti a livello statale. I delegati giurati di distretto erano tutti di base, i delegati “at large” erano in parte di base e in parte di partito. Il numero di delegati giurati di distretto e il numero di delegati “at large” vinti da ciascun candidato alla nomina erano calcolati col metodo proporzionale, con lo sbarramento del 15%, sulla base delle preferenze raccolte dal candidato alla nomina nel distretto e nello stato, rispettivamente.

Stabilito il numero di delegati (di distretto, di partito e di base “at large”) spettanti al candidato alla nomina CN, i loro nominativi erano designati colle modalità e l’ordine seguenti. Per primi erano designati i delegati giurati di distretto: con raduni o convention pre-o post-primarie tra i sostenitori di CN, oppure mediante elezione diretta, sulla stessa scheda elettorale delle primarie, o infine col metodo caucus-convention, ove adottato. Poi erano designati i delegati giurati di partito: dal comitato statale del partito, a maggioranza assoluta, oppure dai delegati alla convention statale che sostenevano CN. Per ultimi erano designati i delegati giurati di base “at large”: anch’essi dal comitato statale del partito, oppure dai delegati alla convention statale che sostenevano CN. In qualunque caso e a qualunque livello, i nominativi dei delegati giurati impegnati al candidato alla nomina CN erano scelti tra coloro che si erano impegnati solennemente a sostenere CN ed erano stati approvati da CN.

7) Superdelegati. Fino al 1980 incluso, la convention fu composta unicamente di delegati giurati. Chiunque si candidasse a fare il delegato, fosse semplice elettore democratico o PLEO, era tenuto ad impegnarsi solennemente e formalmente a sostenere un candidato alla nomina di sua scelta, o a dichiararsi non-impegnato. Nel 1984 un’ulteriore mini-controriforma, ad opera della commissione Hunt, introdusse un nuovo tipo di delegati, i delegati non-giurati (unpledged delegates), più noti come “superdelegati”, nome attribuito loro dai media. I superdelegati erano esentati dal prendere qualunque impegno, in particolare non erano tenuti a decidere, né dichiarare in anticipo, il nome del candidato alla nomina che intendevano sostenere. Potevano comunque farlo in qualunque momento, a loro discrezione. I posti di superdelegato erano riservati alle figure di spicco del partito, tra cui il presidente e il vicepresidente del comitato del partito di ciascuno stato, il 60% dei membri democratici del Congresso e svariati altri leader e rappresentanti eletti, con particolare riguardo ai governatori, ai sindaci democratici delle grandi città, ai parlamentari statali e ai membri del comitato democratico nazionale. In totale, nel 1984 i superdelegati furono quasi 600, pari a circa il 14% del totale dei delegati.

Nel 1988 la categoria dei superdelegati fu ampliata, per includere tutti i membri del comitato democratico nazionale (poco più di 400 persone), l’80% dei membri democratici al Congresso, tutti i governatori democratici, gli ex-presidenti ed ex-vicepresidenti democratici, gli ex-speaker alla Camera dei Rappresentanti e gli ex-leader di maggioranza al Senato. Nel 1992 fu creata una categoria di superdelegati extra, per accomodare una serie di altri rappresentanti e funzionari di partito, in numero pari a un quarto del comitato democratico nazionale. I superdelegati arrivarono così al 18% del totale. Infine, nel 1996 la partecipazione fu estesa a tutti i membri democratici al Congresso, più il presidente e il vicepresidente in carica, se democratici, più gli ex-presidenti del comitato democratico nazionale. Tuttavia, la percentuale di superdelegati rimase ancora uguale a circa il 18-18,5% del totale, valore rimasto inalterato fino ad oggi. Dal 1984 ad oggi i superdelegati non furono mai determinanti per la scelta del candidato alla presidenza, tranne nel 2008, quando fu nominato Barack Obama.

8) Grado di apertura delle primarie e dei caucus. Le regole del 1972 imponevano di aprire il processo di selezione dei candidati e dei delegati alla partecipazione di “tutte le persone che desiderano essere democratiche” [37]. Quella formulazione permetteva le primarie aperte. Le primarie aperte diventarono una tradizione in Michigan e nel Wisconsin. Nel 1976 fu chiesto ai partiti statali di “prendere tutte le misure fattibili per restringere la partecipazione al processo di selezione dei delegati solamente agli elettori democratici”, consentendo eccezioni a Michigan e Wisconsin. Tuttavia, nel 1980 e nel 1984 la partecipazione fu ristretta agli elettori democratici “che dichiarano pubblicamente la loro preferenza partitica, e la cui scelta è registrata pubblicamente”. Di fatto, la nuova formulazione vietava le primarie aperte. Dal 1984 fu proibito agli elettori che volevano partecipare alle primarie democratiche di votare anche alle primarie di un altro partito. La formulazione fu cambiata di nuovo nel 1988, quando la commissione speciale aprì le porte a “tutti gli elettori che desiderano partecipare come democratici”, quindi reintrodusse la possibilità delle primarie aperte. Tuttavia, la commissione non incoraggiò gli stati a seguire quella strada. La formulazione del 1988 fu conservata nelle tornate elettorali successive e dunque oggi il Partito Democratico permette agli stati di tenere primarie aperte, anche se non le incoraggia.

9) Finestra temporale. Le riforme iniziate nel 1972 stabilirono una finestra temporale nella quale gli stati erano tenuti a scegliere i propri delegati, per impedire la designazione dei delegati con eccessivo anticipo. Nel 1972 e 1976 il processo di designazione fu ristretto allo stesso anno in cui si teneva la convention. Nel 1980 fu stabilito che tutte le primarie e i caucus locali dovevano avere luogo nelle settimane comprese tra il secondo martedì di marzo e il secondo martedì di giugno. Nel 1984 furono introdotte eccezioni per l’Iowa e il New Hampshire, per rispettare le loro tradizioni consolidate, più altre eccezioni particolari per il Maine e il Wyoming. Nel 1992 l’inizio della finestra temporale fu anticipato di una settimana. La finestra rimase invariata nel 2000, quando furono concesse eccezioni all’Iowa, al New Hampshire e al Maine. Nel 2004 l’inizio fu anticipato addirittura di un mese, con eccezioni, nell’ordine, per i caucus dell’Iowa e del Nevada, e le primarie del New Hampshire e della Carolina del sud. Nel 2008 l’inizio tornò al primo martedì di marzo, colle stesse eccezioni del 2004.

10) Rappresentanza delle minoranze. Il partito era tenuto a garantire ai propri elettori piena e adeguata partecipazione a tutti i processi decisionali, senza discriminazioni. La sezione statale del partito doveva elaborare piani precisi per includere le minoranze e i gruppi sottorappresentati, affinché non subissero penalizzazioni. Furono identificati due insiemi di gruppi sottorappresentati: il primo comprendeva gli afroamericani, gli ispanici, gli indiani d’America, gli asiatico-americani e le donne; il secondo insieme conteneva gruppi definiti da razza o etnia, età, orientamento sessuale e inabilità fisica. In tutti i casi, i delegati selezionati dovevano essere metà uomini e metà donne. Le quote erano proibite. Poiché i delegati “at large” erano selezionati dopo quelli di distretto, in molti casi la selezione dei delegati “at large” era corretta a favore delle minoranze penalizzate per riequilibrare la composizione complessiva della delegazione. Tuttavia, le regole stabilivano che nessuna delegazione poteva essere contestata alla convention sulla base della sua composizione se il partito dello stato dimostrava di aver messo in atto un piano adeguato per prevenire discriminazioni e facilitare l’accesso e il coinvolgimento delle minoranze.

11) Sanzioni. Nel 1992 furono introdotte sanzioni per gli stati che contravvenivano alle regole, eventualità che si verificava e si verifica ancora abbastanza spesso. La sanzione prevista era la riduzione del numero dei delegati dello stato inadempiente, in certi casi anche di un quarto, più la perdita del diritto di voto per i membri del comitato nazionale provenienti da quello stato. Più recentemente, le riduzioni furono elevate alla metà. In alcuni casi (2008) furono adottate inizialmente riduzioni del 100%, poi ridotte alla metà e infine abbuonate a ridosso della convention. Le violazioni più frequenti riguardavano la finestra temporale, la distribuzione dei delegati proporzionalmente alle preferenze espresse dagli elettori per i candidati alla nomina e le modifiche alla soglia di sbarramento. In casi estremi il partito nazionale poteva decidere di istituire un comitato speciale incaricato di organizzare, nello stato inadempiente, un processo di selezione di delegati alternativi a quelli inviati dallo stato.

La formulazione delle regole raggiunta nel 2000 è praticamente quella che vale ancora oggi. Le variazioni apportate nelle convention successive furono minime, e i lavori di quelle convention si svolsero in un clima di relativa tranquillità.

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