1948-1964: il risveglio delle primarie presidenziali
Fino al 1944 i media non prestarono particolare attenzione alle primarie, ma il loro atteggiamento cambiò a partire da quell’anno. L’attenzione mediatica fu uno dei pochi segni di vitalità nel lungo “medioevo delle primarie”, il periodo compreso dal 1924 al 1968, e contribuì a risvegliare lentamente l’interesse dei cittadini per la partecipazione diretta al processo di selezione dei candidati, anche se il numero di stati che adottarono le primarie in realtà aumentò di poco. Il numero minimo fu 12, quante le primarie repubblicane del 1948. Il massimo fu 19, quante le primarie democratiche e repubblicane del 1956. La percentuale dei delegati scelti con le primarie rimase pressoché invariata, compresa tra il minimo di 36% del 1948 e il massimo di 46% del 1964. Molte leggi sulle primarie furono approvate e poi abrogate.
Nel 1949 il Minnesota, che aveva abolito la propria legge sulle primarie nel 1917, ne approvò una nuova. Nel 1949 il New Hampshire modificò la propria legge sulle primarie, che fino a quel momento prevedeva soltanto l’elezione di delegati non-impegnati, e introdusse l’elezione dei delegati impegnati ai candidati alla nomina. Da quel momento le primarie del New Hampshire, le prime della stagione, cominciarono a diventare sempre più importanti.
Nel 1953 il Montana e l’Indiana, che avevano abrogato le proprie leggi sulle primarie nel 1923 e nel 1929, rispettivamente, ne approvarono di nuove. Nel 1953 anche il parlamento del Nevada passò una legge sulle primarie, che fu abrogata nel 1955 prima ancora di essere applicata. Nel 1955 l’Alaska approvò una legge per le primarie preferenziali, che fu applicata solo nel 1956 e abrogata nel 1959. Nel 1959 Montana e il Minnesota abrogarono un’altra volta le proprie leggi sulle primarie. Nel 1965 il Maryland abrogò la sua legge, che era stata approvata nel 1912.
Nella maggior parte degli stati i delegati furono ancora scelti col sistema caucus-convention. In alcuni stati la designazione era effettuata con molto anticipo rispetto alla convention, anche un anno, prima delle primarie e prima che i candidati alla nomina più importanti fossero scesi in campo. In una manciata di stati i delegati erano ancora scelti dal comitato esecutivo statale del partito o personalmente dal governatore.
A poco a poco gli aspiranti alla nomina persero ogni timore reverenziale nei confronti dei presidenti in carica, che cominciarono a sfidare senza esitazioni. Si accorsero che anche il potere di un presidente in carica poteva essere efficacemente ostacolato appellandosi alla volontà popolare. Di contro, le iniziative di quei candidati contribuirono ad accrescere l’interesse dei media e dei cittadini per la designazione popolare diretta dei candidati. L’accresciuto interesse, a sua volta, motivava altri pretendenti a scendere in campo, rendendo la competizione più viva e combattuta. Si mise finalmente in moto un processo di avanzamento lento, ma irreversibile.
Come abbiamo visto, nella fase di coabitazione tra primarie e sistema caucus-convention, i risultati delle primarie non determinarono quasi mai la nomina della convention. Tuttavia, nell’ultima parte le primarie furono teatro di competizioni intense e combattute tra i candidati, e riuscirono finalmente ad attrarre un’adeguata attenzione da parte dei media e dell’opinione pubblica. I “favorite son” e i delegati non-impegnati furono utilizzati con sempre minore efficacia. Nonostante questi segnali positivi, il numero di primarie rimase ancora basso, come bassa rimase la percentuale di delegati impegnati eletti. La legislazione in materia era ancora confusa. Non c’era garanzia che l’apparato dei partiti non potesse, all’occorrenza, esercitare un controllo pressoché incontrastato sulla convention, a dispetto della volontà popolare. Si acquistava a poco a poco consapevolezza dell’obiettivo finale da raggiungere, ma non si sapeva ancora con quali mezzi sarebbe stato possibile raggiungerlo. Tuttavia, nel 1968 successe qualcosa che cambiò le sorti della democrazia americana per sempre.
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