1928-1944: il declino delle primarie presidenziali

Dopo una serie di casi come quelli appena descritti, in cui le convention nazionali designarono candidati di compromesso, che non avevano partecipato alle primarie, o vi avevano raccolto un consenso insufficiente, candidati comunque non sanciti dalla volontà popolare, ma nominati solo perché appoggiati da personaggi potenti all’interno del partito e più spregiudicati degli altri nei giochi di potere, le primarie conobbero un periodo di declino.

Vari stati abolirono le proprie leggi sulle primarie presidenziali: l’Iowa e il Minnesota nel 1917, il Vermont nel 1921, il Montana nel 1923, la Carolina del nord nel 1927, l’Indiana nel 1929, il Michigan nel 1931 e il Dakota del nord nel 1935 [28]. Dal 1936 al 1952, il numero di stati che tennero le primarie fu compreso tra 12 e 15.

La grande depressione economica iniziata nel 1929 ebbe effetti importanti sul panorama politico. Essa pose fine al lungo dominio repubblicano e diede inizio ad un lungo dominio democratico. Dal 1932 al 1968 i democratici conquistarono la Casa Bianca per sette volte, interrotti soltanto dai due mandati repubblicani di Dwight Eisenhower, tra il 1952 e il 1960. Il periodo compreso tra il 1932 e il 1968 fu identificato con il periodo del quinto sistema partitico.

Finalmente, nel 1936 la convention democratica abolì la regola dei due terzi. Per il Partito Democratico si trattò di un progresso importante. In alcuni casi le votazioni della convention erano state ripetute un numero imbarazzante di volte: 46 nel 1912, 44 nel 1920, 103 nel 1924. In due soli casi i repubblicani, che fin dalla nascita avevano adottato la regola della maggioranza assoluta, arrivarono a ripetere una votazione 10 volte. Poiché la regola dei due terzi era servita a garantire gli stati del sud, dove il Partito Democratico era ancora molto forte, la convention del 1936 raccomandò che si trovassero soluzioni per assegnare a ciascuno stato una rappresentanza che tenesse conto della forza del partito nello stato, oltre che della popolazione. Il Partito Democratico corresse il sistema di attribuzione dei delegati soltanto nel 1944. Invece che seguire i repubblicani e ridurre le delegazioni degli stati in cui il partito era debole, i democratici decisero di premiare gli stati in cui il partito era forte, aumentando le loro delegazioni, così il numero totale dei delegati aumentò invece che diminuire. Successivamente, anche il Partito Repubblicano modificò il suo sistema. Per un periodo adottò una combinazione di penalizzazioni e premi, a alla fine passò definitivamente ad un sistema fatto di soli premi. Anche il numero totale di delegati repubblicani crebbe progressivamente, ma non raggiunse mai i livelli democratici. Oggi il numero dei delegati repubblicani è molto inferiore al numero dei delegati democratici, circa il 40% in meno (2509 contro 4322 nel 2004).

A varie riprese furono introdotte da entrambi i partiti altre correzioni per assicurare una rappresentanza adeguata ai giovani e alle minoranze etniche.

Franklin D. Roosevelt, lontano parente di Theodore, fu l’unico presidente a rimanere in carica per più di due mandati, quattro nel suo caso, rompendo la tradizione inaugurata da Washington e Jefferson. Il 22esimo emendamento alla Costituzione, che limita il numero di mandati a due, fu ratificato nel 1951, anche per evitare il ripetersi di casi come quello di Roosevelt. Quell’emendamento ebbe importanti effetti sulle primarie. Infatti, prima del 1951 sulla competizione per la nomina gravava sempre lo spettro della possibile ricandidatura del presidente in carica, il quale, in un contesto in cui la maggior parte dei delegati alla convention era ancora sotto il controllo dei boss del partito e le primarie non avevano ancora attratto l’attenzione dei media come oggi, poteva disporre di un vantaggio enorme sugli avversari. Per esempio, ritardando l’annuncio della sua eventuale discesa in campo lasciava avversari e candidati del suo stesso partito in una situazione di incertezza che li metteva in oggettiva difficoltà. Non era facile pianificare una campagna elettorale senza sapere in anticipo se si doveva affrontare o meno un presidente uscente.

Dal canto suo, il presidente aveva interesse a ritardare l’annuncio delle proprie intenzioni il più possibile, per evitare che scendessero in campo candidati forti. Spesso stringeva accordi coi “favorite son” degli stati, i quali accettavano, in cambio di qualche favore, di correre nelle primarie del proprio stato con il solo scopo di vincere più delegati possibile a nome del presidente, e sottrarli ai suoi avversari. Negli stati in cui il nome di un candidato poteva essere scritto sulle schede elettorali anche senza una sua esplicita richiesta, il presidente si faceva candidare dai propri sostenitori prima di aver annunciato ufficialmente la propria ricandidatura alla nomina. Altrimenti, si faceva votare ove possibile sfruttando la riga bianca “write-in”. In questo modo cominciava a raccogliere voti e delegati prima di candidarsi ufficialmente. Se le cose si mettevano male, se la cavava dicendo che lui non aveva mai avuto veramente intenzione di candidarsi. Tutto ciò si aggiunge alla posizione privilegiata del presidente, che gli permetteva di esercitare controllo sulle delegazioni selezionate col vecchio sistema caucus-convention, tramite i boss locali con cui aveva stretto rapporti di amicizia e scambio di favori, magari al momento della sua precedente elezione. Con una serie di armi a disposizione come queste, anche se il presidente non otteneva la nomina riusciva comunque ad influenzare la convention in modo molto pesante, per incoronare almeno un successore di sua fiducia.

Nel 1932, quando corse per il suo primo mandato, Roosevelt vedeva nelle primarie libere e aperte la sua grande chance contro gli avversari. Nel 1940, quando si presentò per il terzo mandato, l’atteggiamento suo e dei suoi sostenitori verso le primarie cambiò radicalmente. Le primarie erano diventate improvvisamente un meccanismo pericoloso da fermare in qualche modo. Quell’anno Roosevelt utilizzò i metodi appena descritti con maestria e annunciò ufficialmente la propria candidatura solo a convention inoltrata, quando fu sicuro di aver steso al tappeto i probabili avversari. Questi non poterono nemmeno sfruttare le primarie per dare un po’ di forza alle proprie candidature.

Per i motivi appena spiegati, in questo periodo storico la stagione delle primarie non fu mai veramente combattuta e aperta. I candidati non avevano ancora dimestichezza col nuovo sistema e non avevano ancora scoperto l’efficacia dell’investitura popolare. Dal canto loro, i media non seguivano ancora questo aspetto della competizione da vicino. Tuttavia, col passare del tempo le cose cambiarono.

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