1916: la riappacificazione tra repubblicani e repubblicani-progressisti
Tra il 1912 e il 1916 i repubblicani e i progressisti tentarono di riavvicinarsi, soprattutto in prossimità della convention del 1916. Prevaleva la volontà di ritrovare l’unità perduta del partito. Man mano che l’operazione di riavvicinamento procedeva, il Partito Repubblicano si rafforzava e il partito progressista si indeboliva. Le primarie repubblicane del 1916 non videro emergere un nuovo leader. Si candidarono alla nomina quasi esclusivamente favorite son (“figli prediletti”). I “favorite son” erano candidati locali che correvano esclusivamente o quasi esclusivamente nello stato di loro provenienza, dove potevano contare su un seguito maggiore. Non erano veramente in corsa per la nomina. Il loro scopo principale era sfruttare la notorietà di cui godevano nel proprio stato per raccogliervi il massimo numero di delegati, portarli alla convention al proprio seguito, usarli per stringere alleanze coi “favorite son” provenienti da altri stati, e possibilmente esercitare un peso determinante sulla scelta del candidato alla presidenza. I “favorite son” più popolari vincevano spesso con percentuali superiori al 70% e alle volte arrivavano al 90%. Tipicamente, negli stati dei “favorite son” i candidati veramente interessati a correre per la nomina non correvano nemmeno, per non rimediare brutte figure che potevano compromettere le loro effettive possibilità di vittoria.
Molti dei candidati delegati che si presentarono alle primarie del 1916 non si impegnarono a sostenere alcun candidato alla nomina. La prevalenza di delegati non impegnati fu tale che, tecnicamente, le primarie non furono vinte da nessuno. Più precisamente, la maggioranza relativa del voto popolare, il 24%, andò all’insieme dei delegati non impegnati, mentre il candidato alla nomina meglio classificato ottenne soltanto il 12% del voto popolare. Si trattava del “favorite son” della Pennsylvania, che doveva quel 12% complessivo all’86% ottenuto nelle primarie del suo stato, le sole a cui partecipò.
Già nel 1916 furono evidenti i primi sintomi di declino delle primarie. I capi-partito più scaltri non impiegarono molto a capire come manovrarle per riportare la convention sotto il loro controllo.
La convention repubblicana del 1916 registrò un’importante novità: furono cambiate le regole per calcolare il numero di delegati che spettavano a ciascuno stato, in modo tenere conto della forza del partito nei vari stati. Il problema era emerso prepotentemente durante la convention repubblicana del 1912, perché avevano avuto un peso importante, a favore di Taft, i delegati provenienti dagli stati ex-confederati, dove il Partito Repubblicano era tradizionalmente molto debole. Quegli stati selezionavano i delegati ancora con il sistema caucus-convention. La scarsa partecipazione ai caucus del Partito Repubblicano permetteva ai boss del partito di controllare la designazione dei delegati con molta facilità. Assegnando a ciascuno stato un numero di delegati proporzionale ai suoi grandi elettori si creava una sperequazione vistosa tra gli stati in cui il partito era forte e quelli in cui il partito era debole. Dopo la convention del 1912 molti esponenti repubblicani, timorosi che si potessero ripetere divisioni drammatiche come quella che aveva opposto i sostenitori di Roosevelt a quelli di Taft, ritennero che fosse venuto il momento di affrontare il problema. Se ne occupò il comitato nazionale repubblicano. Le nuove regole per calcolare il numero di delegati di ciascuno stato tennero conto sia della popolazione, sia della forza del partito. Il numero di delegati spettanti agli stati in cui il Partito Repubblicano era forte fu lasciato invariato, uguale al numero dei grandi elettori, mentre fu ridotto il numero di delegati spettanti agli stati in cui il partito era debole. Il nuovo sistema entrò in vigore con la convention del 1916. Gli stati del sud registrarono una perdita complessiva di ben 78 delegati, più di un terzo di quelli che avevano avuto nel 1912 [25]. Se il nuovo sistema fosse stato in vigore nel 1912, probabilmente la nomina repubblicana di quell’anno sarebbe andata a Roosevelt, invece che a Taft.
I repubblicani e i progressisti tennero le proprie convention a Chicago all’inizio di giugno, praticamente in contemporanea. I repubblicani erano disposti a nominare un candidato di compromesso, purché non fosse Roosevelt. I progressisti volevano nominare Roosevelt, che però era disposto a fare un passo indietro pur di ricomporre il Partito Repubblicano, se il candidato di compromesso avesse accolto le sue richieste. A mettere tutti d’accordo fu la scelta di Charles E. Hughes, che godeva di una buona reputazione presso i progressisti ed era rimasto fuori dalla drammatica contesa del 1912. Hughes non aveva partecipato alle primarie. In definitiva, le primarie repubblicane del 1916 non ebbero alcuna rilevanza per la nomina del candidato presidente.
Nelle primarie democratiche dello stesso anno il presidente uscente Wilson non incontrò alcuna opposizione significativa e alla convention democratica ottenne la nomina senza problemi.
Nonostante la ritrovata unità, il Partito Repubblicano non riuscì a riconquistare la Casa Bianca. Nelle elezioni generali Wilson battè Hughes sul filo di lana.
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