Selezione dei delegati e preferenza per i candidati alla nomina
Vediamo ora le modalità di voto per i delegati e per i candidati alla nomina tra il 1912 e il 1924. Anch’esse variavano molto da stato a stato. La casistica è considerevole, e contiene anche soluzioni molto simili a quelle odierne. Possiamo distinguere cinque gruppi di stati [24].
a. Nel primo gruppo di stati l’elettore non poteva esprimere alcuna preferenza per il candidato alla nomina, ma soltanto eleggere i delegati. I delegati non erano tenuti a specificare quale candidato alla nomina intendevano appoggiare alla convention. Questa era la procedura che dava all’elettore il minor controllo sui delegati. Fu usata nello stato di New York e nel Wisconsin nel 1908 e nell’Ohio nel 1912.
b. Nel secondo insieme di stati i delegati erano selezionati dalle convention statali, ma erano istituite anche primarie preferenziali, in cui gli elettori potevano votare il candidato alla nomina. Questo sistema fu usato in Indiana, Maryland, Michigan, Carolina del Nord e Vermont nel 1912.
c. Un terzo insieme di stati optò per l’elezione diretta dei delegati e, allo stesso tempo, un voto di preferenza per il candidato alla nomina. Questo gruppo di stati può essere diviso in due sottogruppi.
c1. In Montana, Dakota del nord, Nebraska, Pennsylvania e Virginia, l’elettore non conosceva le preferenze dei candidati delegati in merito al candidato alla nomina. In Pennsylvania e Virginia le schede elettorali delle primarie specificavano, accanto al nome del delegato, se egli intendeva attenersi o meno al risultato del voto preferenziale per il candidato alla nomina.
c2. In Illinois, Minnesota, New Jersey, Ohio, Oregon e Wisconsin le schede elettorali delle primarie riportavano, accanto al nome del candidato delegato, il nome del candidato alla nomina che egli intendeva appoggiare alla convention. Questo metodo fu usato anche nel Dakota del sud dal 1916 e in California e Massachusetts nel 1912. In Ohio il voto di preferenza per il candidato alla nomina e il voto per l’elezione dei delegati erano espressi su schede elettorali separate.
d. Un quarto insieme di stati comprendeva la California, il Massachusetts e il New Hampshire, dove gli elettori votavano per i delegati, e non era previsto alcun voto di preferenza per il candidato alla nomina. Tuttavia, la scheda elettorale riportava, accanto al nome del candidato delegato, il nome del candidato alla nomina che egli intendeva appoggiare alla convention. In questi casi l’elettore, nel momento in cui sceglieva i delegati, di fatto sceglieva anche il candidato alla nomina. In più, aveva la garanzia che i delegati avrebbero appoggiato quel candidato alla convention. Questo sistema è quello che dava più potere all’elettore, senza ambiguità.
e. La quinta modalità di voto era quella in cui l’elettore votava il nome del candidato alla nomina, il quale sceglieva personalmente i propri delegati. Questo sistema fu approvato per legge in Alabama nel 1923, ma fu poi quella legge fu dichiarata incostituzionale. Fu utilizzato ugualmente dal Partito Democratico in primarie autogestite. Varianti furono considerate in Illinois e Iowa.
Con il sistema a l’elettore poteva soltanto eleggere i delegati, ma non poteva sapere per quali candidati alla nomina i delegati avrebbero votato alla convention. Di fatto, l’elettore non aveva alcun modo per votare il candidato alla nomina. Negli altri stati, le modalità che davano all’elettore questa possibilità erano, come abbiamo visto, tre: permettere all’elettore di esprimere un voto di preferenza per il candidato alla nomina, come nei sistemi b e c; specificare sulla scheda elettorale il nome del candidato alla nomina appoggiato da ciascun candidato delegato, in modo che l’elettore potesse scegliere i delegati in base a questa informazione, come nei sistemi c2 e d; permettere all’elettore di votare direttamente per il candidato alla nomina, che poi sceglieva i propri delegati, come nel sistema e. Il sistema c2 dava all’elettore addirittura due modi, non necessariamente concordanti, per indicare il candidato alla nomina che preferiva: lo stesso modo del sistema d più il voto di preferenza per il candidato alla nomina.
Il voto di preferenza previsto dai sistemi b e c aveva dei difetti notevoli. Il problema non banale era stabilire quale valore avesse la preferenza espressa dagli elettori, cioè se essa dovesse vincolare il voto dei delegati alla convention, e come potesse vincolarlo in maniera efficace. In alcuni stati il voto di preferenza era meramente indicativo, cioè i delegati eletti non erano tenuti ad appoggiare il candidato alla nomina che otteneva più preferenze, ma solamente “esortati” a farlo. In questo caso l’elettore non aveva un vero potere di scelta in merito al candidato alla nomina. In altri stati (Maryland, Carolina del nord, Michigan) la legge prevedeva che i delegati eletti fossero vincolati a sostenere il candidato alla nomina che prendeva più preferenze. In Indiana il vincolo scattava solamente se un candidato alla nomina otteneva la maggioranza assoluta delle preferenze. In quel caso la delegazione era vincolata a votare per il candidato alla nomina, finché restava in corsa.
I vincoli di questo tipo, tuttavia, si rivelarono presto inefficaci, perché costringevano molti delegati a votare per candidati che non gradivano. Il sostegno poco convinto si traduceva spesso in defezione nel momento cruciale delle votazioni. Tipicamente, i delegati si attenevano al vincolo nelle prime votazioni della convention, che spesso non erano decisive, ma nelle votazioni cruciali votavano per il loro candidato preferito. Il vincolo si rivelava particolarmente debole nei casi in cui il candidato alla nomina otteneva soltanto la maggioranza relativa delle preferenze nelle primarie.
L’imbarazzo maggiore si raggiungeva negli stati che usavano il sistema c2, come detto, perché l’elettore poteva esprimere il voto di preferenza per il candidato presidente, ma allo stesso tempo eleggeva i delegati conoscendo quale candidato alla nomina appoggiavano. Sono note anche situazioni limite in cui alcuni delegati potevano ricevere ben tre istruzioni diverse in conflitto tra loro. Tipicamente, i delegati eletti con il sistema c2 si sentivano legittimati a ignorare il risultato del voto preferenziale, oppure a tenerne conto soltanto nelle prime, non decisive, votazioni per la nomina alla convention. Nelle votazioni decisive votavano per il candidato alla nomina che avevano dichiarato di appoggiare. Di fatto, il sistema c2 diventò equivalente al sistema d, ma con tutti i rischi comportati dall’ambiguità spiegata sopra.
Non c’era invece alcun problema con i sistemi d ed e. Essi erano i sistemi più simili a quelli usati oggi. In particolare, con il sistema d gli elettori potevano scegliere i delegati conoscendo il candidato alla nomina per il quale erano schierati. Non c’era alcun rischio significativo che alla convention i delegati votassero per un candidato alla nomina diverso da quello che loro stessi avevano liberamente dichiarato di appoggiare. Quindi il sistema d consentiva ai cittadini di scegliere il candidato alla nomina in maniera efficace. Il sistema e eliminava l’elezione diretta dei delegati, preservando unicamente il voto di preferenza per il candidato presidente. Ad elezioni avvenute, il candidato alla nomina che risultava vincitore nelle primarie sceglieva personalmente i delegati. Questa legge ammetteva una serie di varianti, alcune delle quali furono discusse in Iowa e Illinois. In particolare, la variante dell’Illinois stabiliva che a ciascun candidato alla presidenza spettasse un numero di delegati proporzionale ai voti raccolti.
Nei sistemi c2 e d i candidati delegati non erano obbligati a dichiarare necessariamente il nome del candidato alla nomina che intendevano appoggiare. Coloro che non desideravano farlo erano raggruppati nella lista dei delegati “non impegnati”. A quella lista era associato un candidato alla nomina aggiuntivo fittizio. I delegati non impegnati erano trattati, a tutti gli effetti, come delegati impegnati a sostenere quel candidato fittizio. Questo accorgimento tecnico era utile, ad esempio, per calcolare con la stessa regola il numero dei delegati eletti spettanti a ciascun candidato alla nomina e il numero di delegati non impegnati.
Oggi, come allora, un delegato alla convention ha molti altri compiti, oltre a quello di votare per il candidato alla nomina. Per esempio, deve votare mozioni, risoluzioni, regolamenti interni del partito, punti del documento programmatico. I vincoli di cui abbiamo parlato si applicavano soltanto alle votazioni per la nomina. Su tutte le altre questioni il delegato poteva usare la sua personale discrezione, e far valere le proprie convinzioni. Da questo punto di vista è utile fare un paragone tra i compiti dei delegati alla convention e quelli dei grandi elettori presidenziali. I grandi elettori hanno un unico compito, quello di votare per il presidente. Anch’essi sono vincolati a votare un candidato ben preciso, ma si tratta dell’unico candidato del proprio partito alle elezioni generali, contro i candidati dei partiti avversari. Quel tipo di vincolo non crea alcuna situazione di imbarazzo, non genera confusione o ambiguità, e può essere imposto in maniera efficace. I casi di grandi elettori infedeli sono infatti rarissimi. Il ruolo dei delegati alla convention è invece molto diverso. Per loro occorreva una soluzione migliore del sistema di vincoli descritto sopra.
I sistemi che abbiamo appena descritto sono indubbiamente complicati. Ci si può chiedere se non fosse possibile adottare sistemi più semplici, per esempio fare delle primarie tout-court, senza delegati, né convention. Tuttavia, se si rinuncia alla convention, si rinuncia all’autorità più alta del partito, che decide le regole, il programma, i candidati. Il vuoto sarebbe presto occupato da oligarchie partitiche. Si potrebbe pensare allora di scindere le primarie per il candidato presidente dalle primarie per i delegati alla convention. Tuttavia, se l’elezione della convention è scorrelata da quella del candidato presidente, c’è il rischio che il candidato sancito dalle primarie e il programma elettorale approvato dalla convention siano incompatibili. Volendo rimettere tutte le decisioni che riguardano il partito nelle mani del popolo, esiste una soglia minima di complessità sotto la quale non ci si può spingere. Occorre allora elaborare un meccanismo che permetta agli elettori di scegliere il candidato presidente e, allo stesso tempo, eleggere i delegati alla convention, correlando le due selezioni in modo da ottenere risultati concordi. Una possibilità è, per esempio, adottare ovunque, o quasi ovunque, i sistemi d o e. Il primo periodo di primarie presidenziali fu una fase molto vitale di sperimentazione che, tra le varie soluzioni, individuò anche soluzioni molto vicine a quelle ottimali. Parecchi decenni di alterne fortune sarebbero passati prima che quei sistemi o sistemi equivalenti fossero applicati in tutti gli stati.
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