Neutralità e anime dei partiti

Si potrebbe obiettare che siccome i due partiti sono esattamente identici non possono dare vita a nessuna vera competizione elettorale tra proposte ed idee, ma unicamente ad una competizione confusa tra individui. Gli elettori non sembrano avere nessuna maniera di identificarsi con l’uno o l’altro partito in modo chiaro, quindi dovrebbero distribuirsi tra i due partiti U e C “a caso”, privandoli di connotati chiari che li individuino e li distinguano. Si tratta di conclusioni che non seguono affatto dalle premesse, ma analizzare queste questioni ci permette di chiarire alcuni aspetti del sistema PSC universale.

Come si passa dalla fase “tabula rasa”, cioè dalla situazione iniziale completamente neutra e simmetrica alla fase di partiti chiaramente distinti e dodati di un’anima, in competizione l’uno con l’altro? Quando il primo elettore si avvicina ai partiti, si trova di fronte alla scelta se aderire al partito U o al partito C. Siccome all’inizio i partiti sono totalmente vuoti e neutri, non sono in grado di indurre l’elettore a fare alcuna scelta particolare. La prima scelta sarà dunque veramente casuale. Tuttavia, non appena l’elettore avrà scelto in quale partito andare, la simmetria tra i due partiti sarà già rotta. Infatti, in quel momento il partito scelto dall’elettore sarà già caratterizzato dalle idee di quell’elettore. Il secondo elettore dovrà scegliere tra due partiti ormai non più identici, e così il terzo e tutti i successivi. Pertanto, man mano che verranno “riempiti” dagli elettori, i partiti definiscono le loro identità. Non c’è nessuna ragione per cui le anime risultanti siano confuse, indistinte o anche solo simili, perché il processo che porta a quella definizione è lungo e articolato, e la simmetria tra i due partiti è andata persa fin da subito.

Proprio perché i partiti in quanto tali sono puri e semplici spazi vuoti, sono gli elettori a dar loro un’anima, non viceversa. Tuttavia, i partiti non acquisteranno mai, come già spiegato più volte, un’identità stabile e definitiva. A garantirlo è l’azzeramento del partito ad ogni tornata elettorale. I partiti aperti possono col tempo “scambiarsi di ruolo”. Essi non sono assolutamente etichettabili con la “destra” e la “sinistra”, o con identificazioni analoghe. Val la pena ricordare che molte volte nel corso della storia i partiti americani maggiori cambiarono collocazione su svariati temi di importanza cruciale. Se oggi il Partito Democratico si batte con particolare energia per la difesa dei diritti civili, non bisogna dimenticare che per decenni difese la schiavitù e la segregazione razziale, e che fino al 1964 alcuni stati carcarono di mandare alla convention democratica delegazioni rigorosamente bianche. Se oggi il Partito Repubblicano è identificato con il partito “conservatore”, occorre ricordare che all’inizio del 1900 era il più attento ai temi “progressisti”, al punto che pagò questa sua sensibilità con la scissione di Theodore Roosevelt e la nascita, appunto, del partito progressista. Col tempo anche i partiti U e C si sposteranno continuamente ed eventualmente si scambieranno di ruolo. Se le anime dei partiti sono definite di volta in volta dai loro elettori, e i partiti sono aperti, se gli elettori sono liberi di entrare e uscire dai partiti a loro piacimento, così come sono liberi di cambiare idea sui problemi e le proposte politiche, i movimenti o mutamenti d’opinione degli elettori determineranno i mutamenti dei partiti, senza traumi, ma con continuità e regolarità, sancendo che l’unica caratteristica perenne di quei partiti è il loro dinamismo.

Pertanto, la fluidità dei partiti U e C non impedisce loro di dotarsi di un’anima, identificarsi e distinguersi. Garantisce soltanto che il processo di identificazione non ha un punto fisso, non porta ad un risultato statico, ma è esso stesso dotato di anima e vita.

Ad armonizzare automaticamente idee, proposte, programmi, regole e candidature dello stesso partito, emersi in processi PSC distinti, cioè relativi alla selezione dei candidati a diverse cariche pubbliche, non sono artificiose ed aprioristiche carte delle regole e dei valori, ma la volontà popolare degli elettori, l’unico denominatore comune che unisce, identifica e distingue i partiti U e C.

Nel processo PSC dobbiamo distinguere vari gradi di partecipazione degli elettori, e altrettanti gradi di identificazione tra gli elettori e il partito. Gli elettori che si candidano alla nomina sono portatori di idee proprie, che possono essere più o meno in linea con quelle espresse dal partito nelle elezioni precedenti, ma non sono vincolate ad esserlo. A questo livello la nuova identità del partito non è ancora emersa con chiarezza, e ci si può riferire, in maniera non vincolante, all’“identità madre” emersa nella tornata elettorale precedente o in altri processi PSC dello stesso partito, relativi allo stesso territorio o a territori limitrofi. Anche gli elettori che si candidano a partecipare alla convention come delegati sono direttamente protagonisti, quindi portatori di idee proprie per contribuire a plasmare quelle del partito. Gli elettori che si recano semplicemente a votare alle primarie, invece, determinano le scelte del partito soltanto indirettamente, giudicando le proposte dei candidati e scegliendo quelle con cui si identificano maggiormente. Una volta concluso il processo PSC, il partito ha definito compiutamente la sua identità nel dato contesto. Infine, gli elettori meno coinvolti sono quelli che decidono di non partecipare al sistema PSC, ma delegano questo compito agli altri e si limitano a votare alle elezioni generali. Al momento del voto hanno comunque un quadro chiaro, emerso nel frattempo, dei partiti, dei candidati, delle proposte e delle idee. Essi contribuiscono a determinare i partiti, i candidati e le proposte vincenti, ma non hanno contribuito a scegliere quei candidati e ad avanzare quelle proposte.

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