I partiti U e C

Per prima cosa, i partiti aperti devono essere due, non uno, e si alterneranno al governo del paese. Con un solo partito aperto non sarebbe possibile estromettere completamente i partiti chiusi dalla politica. Al massimo si riuscirebbe a relegarli temporaneamente all’opposizione, a farli diventare minoranza. Tuttavia, l’obiettivo finale del progetto non è sconfiggere i partiti chiusi alle elezioni, ma ridurli all’irrilevanza perpetua, in modo che non possano mai più tornare in auge. Inoltre, un solo partito aperto non basterebbe a garantire che la trasparenza e il diritto di tutti gli elettori a governare paritariamente i partiti diventino un patrimonio definitivamente acquisito. Con due partiti aperti, invece, queste conquiste verrebbero più facilmente preservate, e, a questo proposito, non ci sarebbe più bisogno di preoccuparsi di chi vince le elezioni. Per motivi che spieghiamo meglio sotto, i due partiti devono essere completamente neutri, cioè dei contenitori vuoti, e pertanto assolutamente identici. Infatti, il concetto di “partito” in quanto tale reca con sé soltanto l’idea di “parte”, di “porzione”, quindi di spazio vuoto. I partiti aperti saranno identificati soltanto dai seguenti presupposti:

1. sono completamente aperti e completamente neutri;

2. tutte le decisioni, in tutte le fasi, sono demandate completamente agli elettori e solo a loro, consultati in modo paritario usando il sistema delle primarie sequenziali correlate alla convention;

3. tutte le decisioni si riferiscono ad una specifica tornata elettorale, per una specifica carica elettiva, e sono azzerate alla tornata elettorale successiva, e non hanno influenza sulle decisioni relative alle altre cariche elettive;

4. i partiti sono a costo zero, non hanno apparati, ma soltanto volontari.

Il punto 1 significa che i partiti non possono avere, per esempio, statuti o carte dei valori aprioristici, cioè preesistenti la consultazione degli elettori, che non siano i quattro punti menzionati sopra. Pertanto, se proprio vogliamo dotare i partiti U e C di “statuti”, questi sono fatti unicamente dei quattro punti appena scritti.

Il punto 2 garantisce che siano gli elettori a guidare il partito, specificandone eventualmente, di volta in volta, gli obiettivi e i valori. Il punto 3 garantisce che nessuna decisione possa essere fatta valere al di fuori dell’ambito in cui è presa, o per un tempo superiore a quello che le compete, in modo che in nessun caso le decisioni possano essere usate per creare sacche di privilegio, o trasformate in valori che identifichino il partito in quanto tale. Sarà dunque chiaro che rimangono sempre decisioni temporanee, quindi identificano il partito in un dato contesto, in un dato luogo e in un dato momento.

Il punto 1 garantisce anche la possibilità di allargare il consenso al massimo numero di elettori possibile. Infatti, darsi dei valori e obiettivi specifici a priori significa anche restringere la porzione di elettori che possono essere attratti dal partito, e condannare il partito a diventare una fazione o una lobby, un gruppo chiuso che difende interessi particolari. Ciò renderebbe impossibile conquistare con due partiti la totalità dell’elettorato.

Il punto 2 parla di “elettori del partito”. Sono coloro che governano il partito. Come sono identificati gli elettori del partito? Sono gli elettori che lo hanno votato in passato? E quante volte? In realtà, ciascun elettore deve essere libero di dichiararsi elettore del partito, senza alcun vincolo. Il fatto stesso che venga a votare alle primarie, o si candidi, significa che è orientato a votare quel partito anche nelle elezioni generali. Non si può francamente chiedere di più e non avrebbe nemmeno senso farlo, se si vuole massimizzare il consenso. Pertanto, è da considerare elettore del partito, in quel dato contesto e in quel dato momento, ogni persona che si dichiara tale, anche implicitamente, per esempio recandosi a votare alle primarie. Nel caso si voglia chiedere all’elettore di firmare una dichiarazione esplicita in tal senso, prima di consentirgli di votare alle primarie o candidarsi, sarebbe opportuno adottare una formulazione molto blanda, del tipo: “dichiaro di essere orientato a votare per il partito alle elezioni generali”, lasciandogli ovviamente facoltà di cambiare idea. Si può restringere l’insieme degli elettori a chi ha diritto di votare alle elezioni generali, o allargare questo insieme a minoranze che non hanno ancora questo diritto.

Il punto 4 chiarisce che il partito deve avere un costo pari a zero. I candidati dovranno badare a loro stessi, raccogliendo fondi sotto forma di donazioni spontanee, per le quali varranno regole simili a quelle della legge americana in materia, cioè un tetto massimo alla quantità di denaro che il candidato può donare a se stesso, intorno ai 10 mila euro, e tetti di mille o duemila euro per le donazioni dei cittadini a un candidato. Queste cifre indicative si riferiscono alle primarie per il premier. Negli altri casi dovranno essere rapportate al territorio interessato in ragione della popolazione coinvolta. Tutte le attività di organizzazione delle primarie e della convention saranno svolte da comitati di volontari eletti dalla convention precedente. Non ci sarà bisogno di grandi spese per pubblicizzare le primarie e la convention, come le date e i luoghi in cui si vota, perché sarà interesse dei candidati fare questo tipo di pubblicità per attrarre elettori. Si potranno chiedere ai comuni di mettere a disposizione i luoghi in cui votare, che potranno essere locali delle circoscrizioni, del municipio o di altri palazzi comunali. Di solito i comuni non sollevano grosse obiezioni a concedere gli spazi richiesti. Da ultimo, non sarà nemmeno necessario spendere molto per stampare le schede elettorali. Usando il sistema delle compagnie aeree low-cost, si potrà chiedere, all’elettore che lo può fare, di stampare la scheda elettorale prima di uscire di casa, poi venire al seggio, mostrarla ai responsabili (i quali, se lo riterranno necessario, potranno assicurarsi che non sia già votata e firmarla, senza però arrivare agli eccessi a cui siamo abituati), poi votare e depositarla nell’urna. Basterà dunque stampare pochissime schede elettorali, per venire incontro agli anziani e a coloro che non hanno familiarità con internet ed il computer, o semplicemente non hanno una stampante.

Alla fine scopriamo che far funzionare un sistema come questo non costerà poi molto. In definitiva, dobbiamo immaginare un partito che sia letteralmente una piazza aperta, dove chiunque possa andare e venire, non ci siano quote di iscrizione, apparati, muri, delimitazioni, né regole o restrizioni a priori, e tutte le decisioni siano prese paritariamente dall’insieme delle persone che si identificano come elettori del partito, e solo da loro. Immaginiamo anche che il partito non abbia un apparato, ma soltanto volontari che eseguono le disposizioni degli elettori, emerse dalla convention e dalle primarie sequenziali. In questo modo stiamo visualizzando nella nostra mente una semplice macchina per fare emergere la volontà popolare e selezionare i candidati, nulla più. In realtà, questo è esattamente ciò che un partito dovrebbe essere.

Diamo un nome ai nostri due partiti aperti. Li chiameremo partito U e partito C. Come visto sopra, per attrarre il maggior consenso e il maggior numero di elettori i due partiti devono essere completamente aperti, e quindi completamente neutri. Pertanto le loro denominazioni devono pure essere neutre, non devono far venire in mente niente di “schierato”. Usare una singola lettera dell’alfabeto sembra la via migliore per arrivare a questo scopo. Però alcune combinazioni di lettere non possono essere usate, come E-O, che potrebbe far pensare ad est-ovest, coi connotati storici e politici che questa scelta potrebbe portarsi appresso. Non possiamo prendere A-B, perché la prima lettera è prima e la seconda, per l’appunto, è seconda. Similmente, non possiamo prendere A-Z, A-a, A-AA, ecc. Le lettere B, D, O e Q non possono essere usate, perché sono chiuse. Non possono essere nemmeno usate le lettere, A, P, R, perché hanno zone chiuse. Le lettere E, F, H, L, V, sono troppo “spigolose”. Invece, le lettere U e C sono lettere regolari e aperte. Un simbolo molto simile a C è usato nella teoria degli insiemi per indicare inclusione. U e C non fanno pensare assolutamente a nulla. In secondo luogo, sono “simmetriche”, sono praticamente “la stessa lettera”. Più precisamente l’una è la rotazione di 90 gradi dell’altra. Questo serve a ricordare che i due partiti sono assolutamente identici. Infine, anche le loro posizioni nell’alfabeto (italiano) sono simmetriche.

I partiti U e C non hanno iscritti o apparati, non hanno rappresentanti o portavoce, non hanno struttura, non hanno organizzazione, non hanno uno statuto, tranne i quattro punti scritti prima, non hanno una carta dei valori, non hanno idee o ideologie a priori. Sono delle pure e semplici macchine per fare emergere la volontà popolare, strumenti per permettere agli elettori di candidarsi e selezionare candidati, scrivere programmi elettorali, regole e valori, con validità locale e temporanea, e presentarsi alle elezioni. Il funzionamento di queste macchine elettorali costa pochissimo e non richiede una struttura organizzativa.

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