La teoria dei due partiti aperti che estromettono quelli chiusi

A questo punto lo scopo principale della nostra indagine diventa elaborare un sistema che permetta, a partire da una situazione iniziale qualunque, quindi anche la situazione italiana presente, di passare al sistema dei partiti governati dagli elettori, e stimare quanto tempo e quanto sforzo siano necessari per raggiungere l’obiettivo.

L’esperienza americana ci ha insegnato abbastanza per delineare subito degli approcci percorribili. Una prima possibilità è quella di agire direttamente sui partiti chiusi esistenti per trasformarli in partiti aperti, scalzando gli apparati dal basso. Un’altra possibilità, più articolata, è di creare direttamente partiti nuovi. Vediamo in dettaglio l’una e l’altra.

Anche se esistono già partiti strutturati che si sono arrogati il “diritto in esclusiva” di rappresentare dei valori e perseguire degli obiettivi definiti, con tanto di nomi, simboli e marchi depositati, i loro elettori possono di fatto diconoscere quegli apparati e prendere inizitive autonome in qualunque momento. Per esempio, non occorre il consenso dei “vertici” dei partiti per fare delle elezioni primarie e determinare i candidati di quei partiti. Le primarie possono essere autoconvocate dagli elettori, magari assieme agli esponenti del partito che le hanno ripetutamente chieste e se le sono viste negare dagli apparati. Nel caso gli apparati organizzino primarie tradizionali, gli elettori possono organizzare spontaneamente primarie sequenziali. Gli esponenti di partito contrari a queste iniziative cercheranno presumibilmente di boicottare le primarie autoconvocate, per esempio non candidandosi e ignorandole completamente. Tuttavia, ricordiamo che non occorre il consenso dei candidati per scrivere i loro nomi sulle schede elettorali. è diritto degli elettori, anche quelli di un partito o di una coalizione già esistenti, consultarsi liberamente sulle proprie intenzioni, di voto o di qualunque altro tipo. Per esempio, possono consultarsi sui candidati che intendono votare alle elezioni successive, sul programma politico ed elettorale, sulle regole da adottare. Per fare le elezioni primarie, magari correlate alla convention, non occorre un partito, ma un comitato organizzatore e un insieme minimo di disponibilità logistiche e materiali, per la verità anch’esse poco costose e spesso messe volentieri a disposizione da comuni ed enti locali.

Per esempio, qualche mese prima delle elezioni politiche nazionali, alcuni cittadini, ed eventualmente rappresentanti eletti, di una regione italiana, chiamiamola R, decideranno di indire, di propria iniziativa, le “primarie della regione R per il candidato premier”. Le schede elettorali conterranno i nomi di chiunque voglia candidarsi e abbia raccolto un certo numero di firme a sostegno della propria candidatura, più i nomi dei candidati proposti, anche senza il loro consenso, spontaneamente da un certo numero di elettori, e infine i nomi dei “candidati d’ufficio”, cioè personaggi pubblici nazionali ritenuti, per il ruolo che svolgono, candidati naturali alla carica di premier. A questi ultimi si potrà o meno concedere la possibilità di rimuovere i loro nomi dalle schede elettorali se invieranno al comitato organizzatore una richiesta firmata ove dichiarino pubblicamente di non essere interessati, in assoluto, alla candidatura a premier per quella tornata elettorale. Non basterà una dichiarazione ambigua per sottrarsi a quella competizione particolare, magari in previsione di fare una brutta figura, riservandosi la possibilità di candidarsi a premier per altra via o farsi candidare da altre formazioni politiche. In caso si dichiarino non interessati alla candidatura in assoluto, e poi vi accedano per altra via, gli elettori avranno un importante elemento in più per giudicarli: la dichiarazione pubblica controfirmata, in cui dichiaravano quanto poi clamorosamente smentito con i fatti.

Le firme a sostegno delle candidature saranno raccolte (con o senza l’assenso dei candidati) tra gli elettori residenti nella regione. Il numero di firme da raccogliere dovrà essere il più basso possibile, pensato unicamente per escludere i candidati improvvisati, tale da includere tutti i candidati veramente interessati a competere e tutte le persone su cui gli elettori sono interessati a consultarsi. Infine, sulla scheda elettorale ci sarà anche la classica riga bianca “write-in”, dove gli elettori potranno votare un candidato di loro scelta che non figura nella lista dei candidati ufficiali, per esempio un aspirante emerso all’ultimo minuto. Le date, le modalità di presentazione delle candidature e le modalità di voto saranno divulgate mediante comunicati stampa ai giornali e su internet.

Finalmente, nel momento stabilito, si terranno le primarie della regione R. Subito dopo lo spoglio i risultati e l’affluenza saranno comunicati ai media. Più alta sarà la partecipazione, maggiore sarà la risonanza mediatica. In caso di successo, altre regioni seguiranno a ruota, organizzando primarie simili nelle settimane immediatamente successive. La sequenzializzazione delle primarie emergerà automaticamente. La regione R si sarà conquistata il ruolo di “Iowa italiano”, o “New Hampshire italiano”, a seconda del grado di apertura e di articolazione delle sue consultazioni. La prima volta, potrebbero essere poche le regioni italiane a seguire l’esempio, così come accadde negli Stati Uniti per una sessantina d’anni a partire dal 1912, ma poche regioni bastano comunque a costituire un insieme statistico sufficiente a fare emergere con chiarezza le intenzioni degli elettori.

Conclusa la stagione delle primarie, i partiti “ufficiali” potranno accettare il verdetto degli elettori o meno. Se candideranno il vincitore delle primarie, chiesto dai loro stessi elettori, sanciranno l’importanza delle stesse e il proprio arretramento di fronte a quelle. Se opteranno per un candidato diverso, di fatto si dichiareranno contro la volontà popolare, alienandosi il consenso di una porzione considerevole di elettori. A quel punto, il candidato vincitore delle primarie dovrà decidere se rinunciare oppure, forte di un consenso popolare già consistente e certo, correre con un partito proprio. Quasi sicuramente opterà per la seconda possibilità.

In questo primo esperimento i delegati alla convention, se non saranno già stati eletti con le elezioni primarie, potranno essere scelti successivamente, mediante raduni post-primarie, tipo caucus. I sostenitori di ciascun candidato alla nomina che avrà ottenuto voti alle primarie (in quantità superiore ad una soglia di sbarramento, tipicamente del 15%) si riuniranno separatamente ed eleggeranno i propri delegati alla convention nazionale. Probabilmente converrà organizzare quei raduni a livello provinciale, assegnando a ciascuna provincia un numero di delegati proporzionale alla frazione di voti ottenuti dal candidato nella provincia, rispetto al totale dei voti da lui ottenuti nella regione.

La convention nazionale stabilirà le regole del partito, nuovo o vecchio che sia, ed il programma elettorale, esautorando di fatto i partiti esistenti, i quali potranno al massimo opporsi all’uso del loro simbolo, visto che in Italia i simboli di partito sono proprietari, ma non potranno opporsi alle iniziative spontanee dei cittadini. Procedure simili saranno usate per le candidature a tutte le altre cariche pubbliche e le relative convention. Alle elezioni generali, i partiti tradizionali dovranno vedersela con degli avversari in più, che si rivolgeranno ai loro stessi elettorati e sottrarranno loro voti. Avrà così inizio il processo irreversibile di superamento dei partiti attuali per la realizzazione del sistema dei partiti governati dagli elettori in Italia.

Come detto, in questo schema il risultato finale sarà quasi sicuramente che il vincitore delle primarie si candiderà con un partito nuovo. Infatti, chi conosce i partiti esistenti sa che molto difficilmente accetteranno un arretramento come quello imposto da un’investitura popolare, per forza di cose subita contro la loro volontà, perché di lì a poco sarebbero costretti ad accettare arretramenti simili per le candidature a tutte le cariche pubbliche, ciò che di fatto equivarrebbe alla loro capitolazione.

Tanto vale, allora, reimpostare il nostro discorso immaginando di partire direttamente dalla costruzione di partiti nuovi e aperti che funzionino col sistema delle primarie sequenziali e della convention correlata a quelle. Esponiamo dunque la teoria U-C, cioè la teoria dei due partiti aperti, che partendo dal nulla e a basso costo arrivano, in due-tre tornate elettorali, a conquistare praticamente la totalità dell’elettorato, constringendo tutti gli altri partiti alla marginalità.

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