Simboli e colori
In Italia i partiti si presentano corredati di simboli, colori, inni, motti, slogan e parole d’ordine. Sono molto gelosi di questi strumenti di identificazione e riconoscimento, che in realtà servono quasi esclusivamente a coprire la mancanza di sostanza. Non solo, ma da noi i nomi e i simboli di partito hanno anche dei proprietari. Per esempio, se un nuovo partito volesse presentarsi col nome di “Partito Democratico” non potrebbe farlo, e nemmeno con un nome troppo simile a quello, “perché esiste già un partito con quel nome”, si dice, “e l’elettore potrebbe essere tratto in confusione”. Ci preoccupiamo che l’elettore non sia in grado di leggere i nomi dei candidati e sia tratto in confusione dai nomi dei partiti, e tanto basta a stabilire che un dato partito, quello che “è arrivato prima e si è accaparrato quel nome”, e solo quello, ha il diritto di definirsi e farsi chiamare Partito Democratico. Tanto basta a negare quella libertà agli altri, nessuno dei quali ha più diritto di definirsi a quel modo. La denominazione di un partito è considerata alla stregua di un marchio aziendale, evidentemente, e se ne può impossessare, per l’eternità, chi arriva prima, qualunque uso ne faccia.
Soltanto i partiti chiusi hanno la necessità di marcare i propri confini e il proprio territorio, addobbarsi di tessere, appellativi e simboli di riconoscimento. Si tratta di partiti dall’indentità debole e dalle proposte vaghe e maldefinite, che di solito rimandano a ideologie o principi eterni e universali, ma poche soluzioni pratiche. I partiti di quel tipo hanno bisogno di puntellare la loro identità e le loro proposte con surrogati artificiali come quelli menzionati, selezionare le persone in base alla loro lealtà, espellere i disobbedienti. Quei partiti sono sicuramente danneggiati da fuoriuscite e scissioni, mentre i partiti aperti possono permettersi di guardare ad eventualità come quelle con indifferenza. Nei partiti aperti le idee forti sono tali perché hanno un consenso misurabile e confermato ad ogni occasione utile, non presunto, millantato o dato per scontato. Inoltre, i partiti aperti non si avvalgono di metodi subdoli e surrettizi come occupare lo spazio e prenderne possesso, usare il potere per impedire l’accesso agli altri, appropriarsi di denominazioni ed impedire agli altri di usarle, e in definitiva costringere gli elettori a votare sempre per i soliti partiti e spesso anche le solite persone per mancanza di alternative.
In linea generale, negli Stati Uniti prevale la tolleranza sulla fiscalità. Per fare un esempio, è esagerato usare schede elettorali stampate su carta speciale da sedi appositamente autorizzate a fare quel tipo di lavoro, chiedere che per votare sia usata esclusivamente una matita speciale, quella copiativa fornita al seggio, stabilire che un segno in più sulla scheda elettorale possa causare l’annullamento del voto. Queste procedure testimoniano di un atteggiamento diffuso di fondo, per cui mettere la forma al primo posto non è un innocente eccesso di zelo, ma un espediente funzionale a depauperare la sostanza di ogni suo valore. Non è il caso di menzionare qui sistemi alternativi che potrebbero essere usati per impedire la riconoscibilità dell’elettore, anche in presenza di segni di troppo sulla scheda elettorale, perché ci porterebbe fuori tema. Si rifletta solo sul fatto che l’ultima preoccupazione è sempre quella di garantire la libertà del cittadino e dargli la possibilità di esercitare i suoi diritti, la prima è sempre quella di cercare pretesti e cavilli per negargliela.
Il progetto descritto in questo scritto non può essere, per sua stessa natura, associato a sigle o simboli. è chiaramente un progetto universale, a disposizione di chiunque ne voglia fare uso. Tuttavia, è probabile che alcune persone che non ne comprendono il vero significato, o che sono più semplicemente contrarie ai partiti aperti, possano manifestare l’interesse di associarlo a sigle o simboli, in modo che il fallimento di quelle sigle o quei simboli possa essere spacciato per fallimento del progetto. In effetti, chi conosce i politici di professione sa che hanno una spiccata tendenza ad appropriarsi in modo molto frettoloso e superficiale di iniziative e progetti altrui, per associare a quelli sigle e simboli in esclusiva, spenderli finché sono redditizi e poi buttarli via. Tuttavia, uno o più fallimenti sono passaggi necessari per sperimentare e perfezionare strategie per abbattere i partiti chiusi. Il progetto in sé deve essere pensato come “progetto itinerante”. Questa è un’altra conseguenza della sua fluidità e del suo dinamismo. Soprattutto nella prima fase può essere necessario creare e ricreare i partiti aperti in situazioni e in ambienti diversi, per evitare i problemi descritti, abbandonare velocemente i tentativi fallimentari e ripartire altrove. All’elettore interessato basterà seguire il progetto in quanto tale, non le sigle o i simboli di chi se ne fa, più o meno onestamente, interprete. Non è invece consigliabile investire troppo tempo per cercare di convincere chi non apprezza subito il progetto, perché si rischia di farsi distrarre e arenarsi nel tentativo di risolvere problemi senza soluzione.
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