Molti sostengono che il sistema americano favorirebbe una scarsa affluenza alle urne. È un’obiezione alla quale abbiamo per la verità già risposto. In Italia tutti i potenziali elettori ricevono a casa la tessera elettorale e sono sollecitati a recarsi alle urne. Negli Stati Uniti devono registrarsi presso l’amministrazione pubblica di propria iniziativa, e non sono sollecitati a farlo. Inoltre, come mostra la tabella IV, l’affluenza effettiva alle urne nelle elezioni presidenziali è di tutto rispetto. Anche quella potenziale è in fondo buona. Ma la cosa più importante è che in Italia l’affluenza alle urne è praticamente l’unico parametro usato per misurare la partecipazione degli elettori alla vita politica, a dimostrazione della povertà del nostro sistema. Altri parametri che dovremmo introdurre per fare un confronto serio e completo sono: la frazione di candidati decisi direttamente dagli elettori con elezioni primarie, l’affluenza relativa a tutte le elezioni primarie, il numero di delegati di base alle convention che governano i partiti (zero, nel nostro caso) rapportato alla popolazione del territorio di riferimento, il paragone tra il numero di elettori registrati ai partiti americani e il numero di iscritti ai nostri partiti (i quali, comunque, non governano affatto i partiti), e così via. E poi dovremmo quantificare il peso della sequenzializzazione delle primarie, della correlazione tra primarie e convention, dell’apertura dei partiti, della loro struttura federale, eccetera. Il sistema americano e il nostro sono così diversi che non è facile impostare confronti di questo tipo rigorosamente, ma se proprio vogliamo insistere a farli, per soddisfare la nostra curiosità, possiamo stare tranquilli che i risultati non farebbero altro che confermare e consolidare le conclusioni proposte qui.