Le vicende del 2008 non lasciarono indifferenti i repubblicani. Si resero conto di aver sottovalutato alcuni aspetti del processo di nomina e sopravvalutato altri. Per esempio, capirono che non è strettamente necessario mostrarsi uniti e stringersi attorno a un vincitore già a febbraio, visto che le elezioni si tengono a novembre. La competizione interna, lungi dall’essere nociva, attrae molti più elettori, e questo è un ottimo sistema per accrescere il consenso del partito in vista delle elezioni generali. Inoltre una competizione diluita e combattuta costringe i media a parlare del partito e dei suoi candidati per mesi di fila, quindi anche delle proposte, dei programmi e dei valori, garantendo una pubblicità gratuita, che altrimenti, fatti i conti alla mano, sarebbe fuori portata anche per le finanze dei partiti americani. Occorre inoltre osservare che gli elettori del candidato perdente, come la Clinton nel 2008, non sono affatto spinti dalla delusione a disertare le urne nel giorno delle elezioni generali, perché il vincitore emerge con un processo trasparente, che non ammette recriminazioni. Una volta adottato il sistema dei partiti governati dagli elettori, è difficile, anche e soprattutto per gli elettori del partito, dichiararsi insoddisfatti delle decisioni prese, perché dovrebbero recriminare unicamente contro loro stessi. Pertanto la competizione feroce con Clinton non produsse alcun effetto negativo o danno sulla corsa di Obama alla Casa Bianca, anzi arrecò sicuramente vantaggi in termini di pubblicità e consenso.
Così i delegati alla convention repubblicana del 2008 decisero di apportare importanti modifiche alle regole del partito, riguardanti lo svolgimento del processo di nomina e la scelta dei delegati. Eletto il nuovo comitato nazionale repubblicano, i delegati gli affidarono l’incarico di completare l’aggiornamento delle regole secondo le nuove linee guida nei due anni successivi, apportando gli emendamenti necessari. Nelle regole diffuse dal comitato nazionale repubblicano nel 2010, valide per le primarie del 2012, era stabilito che tutti i delegati scelti prima di aprile dovevano essere assegnati col metodo proporzionale. Naturalmente ci furono eccezioni e contestazioni. In Carolina del sud e in Florida, per esempio, si votò nell’ultima decade di gennaio ancora col sistema del “vincitore piglia tutto”. Quegli stati furono penalizzati riducendo le loro delegazioni del 50%.
Inoltre, la convention repubblicana cercò di frenare il fenomeno della concentrazione delle primarie nella fase iniziale della stagione. Da tempo molti stati cercavano di anticipare le proprie primarie per avere maggiore visibilità, col risultato che nel 2008 il supermartedì si tenne prestissimo, il 5 febbraio, e concentrò 21 consultazioni democratiche e 19 repubblicane nello stesso giorno. Anche per effetto delle modifiche alle regole introdotte dai repubblicani, una situazione come quella non si ripeté nel 2012, dove la concentrazione maggiore di consultazioni si ebbe solo il 6 marzo, quando furono previste 8 consultazioni democratiche, di cui una poi cancellata, e si tennero 9 consultazioni repubblicane. Diluendo la competizione, aumentò l’importanza degli stati che tenevano le primarie nella fase centrale della stagione, rispetto agli stati che tenevano le primarie nella fase iniziale, e questo tolse motivazione a coloro che volevano anticipare le primarie a tutti i costi.
Il risultato fu dunque che nel 2012 la competizione repubblicana fu assai più vivace ed interessante di quella del 2008. I candidati più importanti furono Mitt Romney, l’ex-speaker della Camera Newt Gingrich e l’ex-senatore dalla Pennsylvania Rick Santorum. Il candidato favorito dall’establishment era Mitt Romney, che nei quattro anni precedenti aveva stretto molte relazioni e preparato bene il suo ritorno. Romney fu fin da subito e quasi sempre in testa ai sondaggi, con percentuali intorno al 20%. Tuttavia, non era un candidato molto forte, perché in passato aveva avuto posizioni moderate su molti temi cari agli elettori repubblicani. Anche nel 2012 si registrò l’emergere di un candidato di valore praticamente dal nulla, dopo Mike Huckabee nel 2008. Si trattò di Rick Santorum, che fino a pochi giorni dalle primarie dell’Iowa era dato al 3-4% nei sondaggi nazionali. Santorum aveva posizioni sicuramente più conservatrici di quelle di Romney e per questo poteva rivolgersi meglio all’elettorato repubblicano dell’America profonda. Adottò una strategia efficace, puntando tutto sull’Iowa, stato che visitò più volte di tutti gli altri candidati, per uscire dall’anonimato e creare un’onda lunga che gli permettesse di emergere e affrontare meglio le competizioni successive. La sera dei caucus dell’Iowa, quando furono diffusi i risultati, Santorum si classificò secondo, a soli 8 voti da Romney. Due settimane più tardi, quando i risultati furono certificati dal partito, avrebbe scoperto in realtà di aver vinto, per un’altra manciata di voti. Poco importa, perché dopo l’Iowa gli avversari furono comunque consapevoli di dover fare i conti anche con lui, e Santorum fu in grado di proporsi come candidato credibile alla nomina repubblicana, l’unico vero sfidante del favorito Mitt Romney. Romney si aggiudicò il New Hampshire con ampio margine, poi Gingrich vinse nella Carolina del sud. Da quel momento la competizione fu praticamente a tre, tra Romney, Gingrich e Santorum. Mentre Gingrich si eclissò presto, in svariate occasioni Santorum fu sul punto di sferrare il colpo di grazia a Romney in stati-chiave che avrebbero potuto aumentare l’onda lunga a suo favore e i flussi di donazioni. Tuttavia, non riuscì a raggiungere l’obiettivo per piccoli scarti percentuali. In Michigan a fine febbraio Santorum perse col 38% contro il 41% di Romney e in Ohio a inizio marzo perse col 37% contro il 38%.
Romney, avendo già corso quattro anni prima, aveva sulle spalle un vantaggio notevole in fatto di esperienza, e raccoglieva finanziamenti consistenti da circa un anno. Santorum era spuntato dal nulla ai primi di gennaio, tanto che prima dei caucus dell’Iowa quasi nessuno si era accorto di lui. Le donazioni spontanee erano cominciate a fluire copiose solo a partire da quella data. Per questo e altri motivi, in vari stati Romney poté investire nella campagna elettorale decine di volte più di quanto si poté permettere Santorum. La competizione continuò in modo avvincente fino all’inizio di aprile. Nei primi tre mesi Santorum vinse in 11 stati, Gingrich in 2, Romney in 16 stati e nei territori. All’inizio di aprile Romney era in netto vantaggio, nel computo dei delegati, ma il vantaggio accumulato era ancora ben lontano dalla soglia necessaria ad assicurargli la nomina. Tuttavia, i repubblicani furono di nuovo presi dalla sindrome della coesione anticipata attorno al vincitore presunto. Questo li portò nuovamente a convincersi che una competizione lunga danneggiasse il partito invece che favorirlo, nonostante la lezione appresa quattro anni prima. In quei giorni si diffusero notizie di presunte telefonate fatte a Santorum e a Gingrich dai leader più influenti del partito per convincerli a ritirarsi e riunire il partito attorno al vincitore, secondo loro ormai certo. I media parlavano di Santorum quasi esclusivamente per chiedersi quando si sarebbe fatto da parte, mentre di Gingrich non parlavano più da settimane. Tra i commentatori si distingueva però Sarah Palin, già governatrice dell’Alaska e scelta da John McCain nel 2008 come candidata repubblicana alla vicepresidenza, la quale rilasciava spesso interviste per spiegare ai più che, al contrario, la competizione prolungata faceva soltanto bene al partito, in termini di pubblicità, raccolta di fondi e incremento del consenso. Tuttavia, lo scarso interesse ormai riservato dai media conservatori alla competizione in corso scoraggiò i nuovi potenziali donatori di Santorum. I fondi a sua disposizione cominciarono a scarseggiare. Sceso in campo fin dall’inizio con l’idea di spendere solo quello che aveva in cassa, senza indebitarsi come molti altri facevano e avevano fatto in passato, a quel punto non ebbe altra scelta che ritirarsi, cosa che spianò di fatto la strada a Romney.