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Normalmente le elezioni sono tenute ovunque nello stesso giorno. Questo sistema sembra logico e ragionevole, perché tutti i cittadini vengono trattati allo stesso modo. Tuttavia, questo sistema non dà alcuna chance di vittoria a persone che non sono già famose o incredibilmente ricche.

Negli Stati Uniti è in uso un sistema differente, limitatamente alle primarie presidenziali: ogni stato decide autonomamente la data delle sue primarie all’interno di una certa finestra temporale, fissata dalle regole nazionali del partito. Il risultato è una sequenza di primarie e caucus che copre sei mesi, a cominciare dall’Iowa, il New Hampshire, per continuare colla Carolina del nord e la Florida, in gennaio. Poi si va in Nevada, Minnesota, Colorado, Maine e Michigan, nella prima metà di febbraio. Si finisce collo Utah nel giugno avanzato. Ogni stato fa svolgere le sue primarie nel giorno che preferisce, normalmente separato di almeno una settimana dalle primarie degli altri stati. Alcuni gruppetti di stati tengono le primarie nello stesso giorno (mini-martedì, super-martedì, ecc.).

Questa diluizione ha parecchie conseguenze importanti. Per prima cosa, non tutti gli elettori sono trattati allo stesso modo. I residenti dell’Iowa, del New Hampshire e della Carolina del nord hanno l’opportunità di votare per primi, quindi i loro voti contano di più. 

Questo non è visto come un problema, a dire il vero. Se fosse percepito come tale sarebbe risolvibile con un meccanismo di rotazione. Il compito degli elettori di quei tre stati è principalmente quello di ridurre la lunga lista di candidati ad una lista più corta, contenente i tre-quattro nomi di quei candidati che hanno concrete possibilità di incontrare il gradimento degli elettori. Il risultato di questa operazione non cambierebbe molto se al posto di quei tre stati ne fossero sceglti altri.

La conseguenza più importante, invece, della diluizione è che essa dà concrete possibilità di vittoria a candidati che altrimenti non avrebbero alcuna chance. Spezzettare il compito lo rende molto più facile da affrontare. Prolungando il processo si riesce ad aprirlo alla partecipazione di candidati che non sono già famosi, e anche a coloro che non sono già ricchi. I candidati sono costretti a battere il territorio, visitare una quantità enorme di località, incontrare tantissime persone, farsi conoscere dagli elettori, stringere mani, raccogliere fondi sotto forma di donazioni spontanee.

Facciamo alcuni esempi. Nel 2008 Mike Huckabee emerse dall’anonimato improvvisamente ed ebbe una vera possibilità di agguantare la nomina repubblicana dopo la vittoria in Iowa. Nel 2012 un candidato che non aveva alcuna precedente esperienza in politica, Herman Cain, balzò improvvisamente in testa ai sondaggi dopo mesi di percentuali a una cifra. Per un certo divenne il favorito ed ebbe delle notevoli possibilità di giocarsi la nomina al pari degli altri. Poi l’emergere di notizie imbarazzanti circa la sua vita personale lo constrinse a ritirarsi prematuramente. Rick Santorum è forse l’esempio migliore: fino a una settimana prima dei caucus dell’Iowa tutti i sondaggi nazionali lo davano all’1-3%. Poi vinse in Iowa ed improvvisamente divenne uno degli sfidanti più accreditati contro Mitt Romney. 

Possiamo anche menzionare i candidati nominati contro la volontà dell’establisment. Nel 1980 il favorito dal partito repubblicano era George H. Bush, ma fu battuto da Ronald Reagan. In 2008 la favorita del partito democratico era Hillary Clinton, ma fu battuta da Barack Obama. 

Possiamo concludere che un sistema fatto di primarie e convention funziona bene se chiunque può candidarsi con concrete possibilità di vincere. Le primarie nazionali non soddisfano questo criterio, ma le primarie sequenziali sì, se la sequenza è ben studiata. Per questo motivo, la sequenzializzazione dovrebbe essere adottata per tutti i tipi di primarie, per qualunque tipo di candidati, che siano presidenti o governatiri, deputati o senatori, sindaci o consiglieri.

Recentemente Rick Santorum ha annunciato il suo ritiro dalla corsa alla nomina repubblicana. Alcune delle ragioni principali sono state la mancanza di fondi e le crescenti difficoltà a raccoglierne di nuovi. 

Nelle scorse settimane i mezzi di comunicazione americani hanno quasi sempre ignorato Santorum. Quando non l’hanno ignorato, lo hanno descritto come un candidato senza alcuna chance di vincere la nomina, interrogandosi unicamente sulla data in cui avrebbe deciso di ritirarsi. A causa di questa immagine negativa, per lui era diventato troppo difficile raccogliere nuovi fondi. I potenziali donatori, scoraggiati, chiudevano i portafogli.

Una stagione di primarie ancora più combattuta di quella che c’è stata avrebbe rafforzato ancora di più il vincitore. D’altra parte, nella situazione venutasi a creare, il ritiro di Santorum era inevitabile. Non aveva scelta, se non voleva fare debiti. Prendendo ispirazione da questa storia, vorrei fare alcune osservazioni sulla situazione attuale del partito repubblicano.

Perfino negli Stati Uniti, dove i partiti sono aperti e governati dagli elettori, i partiti non sono completamente liberi da condizionamenti e interferenze che provengono da varie direzioni. Per esempio, a un certo punto membri del partito (rappresentanti eletti a varie cariche pubbliche di spicco) iniziarono a fare pressione su Santorum per spingerlo a ritirarsi. A ruota, i mezzi di comunicazione amici, come Foxnews, iniziarono ad ignorarlo (come già avevano fatto con Newt Gingrich e Ron Paul), come se la stagione delle primarie fosse già terminata. C’era la sensazione che ci fosse una specie di coordinazione dietro questo tipo di comportamenti, implicita o esplicita. Tuttavia, le regole dei partiti americani non contemplano scorciatoie come queste, che possono soltanto danneggiare il vincitore.

Nel momento in cui veniva data per scontata la vittoria di Mitt Romney, e i competitori venivano giudicati senza speranza, la mancata competizione faceva sì che i mezzi di comunicazione passassero sotto silenzio le debolezze dello stesso Romney, come ad esempio le sue difficoltà a convincere gli elettori repubblicani degli stati del sud. Probabilmente i media amici pensavano di poterlo aiutare, coprendo quelle difficoltà. Forse credevano che fosse meglio mettere fine ad una competizione interna al partito che sembrava interminabile e poteva trascinarsi fino alla convention, per cominciare a concentrarsi sul vero bersaglio, Barack Obama. Tuttavia, questo non era quello che pensavano gli elettori, era solo quello che pensavano coloro che avevano il compito/dovere di tenerli adeguatamente informati. Nessuna regola del partito repubblicano attribuisce a costoro il diritto di decidere al posto degli elettori.

Infatti, nascondere le difficoltà di Mitt Romney non lo aiuterà affatto.

Il sistema fatto di primarie sequenziali e convention ha una grande virtù: permette di fare emergere la volontà popolare con dovuto anticipo. Il candidato alla nomina può scoprire le proprie debolezze per tempo, quindi prendere delle precauzioni e contromisure, risolvere i problemi, superare quelle difficoltà. Ignorare il responso degli elettori e nascondere le debolezze significa non trarre alcun vantaggio dallo strumento primarie/convention, rinunciare a sfruttarne le enormi potenzialità, e alla fine mettere l’establishment al di sopra del popolo, come ai vecchi tempi.

Alle volte il partito repubblicano americano mostra mancanza di disciplina e prende un gran numero di decisioni scoordinate e illogiche. La ragione principale è che quel partito è sostanzialmente un "partito anarchico", cioè un partito senza alcuna vera e propria regola nazionale (a differenza del partito democratico americano, che si è datto delle regole nazionali, anche se blande, a partire dal 1972). L’argomento usato tipicamente da chi vuole porre velocemente fine alla stagione delle primarie è: "ma lo facciamo solo nell’interesse del partito". Si tratta di un argomento insensato. Che ne sanno queste persone di quale sia l’interesse del partito? Non sono gli elettori a stabilire qual è l’interesse del partito? In definitiva, l’unico interesse del partito è attrarre elettori e per attratte elettori occorre convincerli a votarti. Sostituire la volontà degli elettori con la propria è l’errore peggiore e più comune commesso dai politici, e non aiuta certo ad attrarre nuovi elettori, casomai aiuta a respingere una parte di quelli già acquisiti.

Romney avrà delle grandi difficoltà a convincere gli elettori del sud a scendere in campo e sostenerlo coll’entusiasmo di cui ha disperatamente bisogno. Per ridurre il danno, probabilmente sceglierà un candidato vicepresidente proveniente dal sud, magari una donna. Tuttavia, una soluzione del genere sarà comunque percepita per quello che è: un taglia-incolla, "un po’ di questo per guadagnare un po’ di quello", una tipica operazione di facciata con cui un politico cerca di coprire le proprie mancanze. Non entusiasmerà gli elettori e non scalderà i loro cuori. Molti di loro, specialmente nel sud, si sentiranno ignorati e trascurati. Una piccola percentuale di loro non andrà a votare. Probabilmente quella piccola percentuale di votanti costerà a Mitt Romney la vittoria.

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