Elettorato ammesso al voto

L’insieme degli elettori ammessi a votare alle elezioni primarie dei partiti dipende dal grado di apertura o chiusura delle primarie. Le elezioni primarie possono essere chiuse, aperte o semiaperte. In alcuni casi le primarie semiaperte sono chiamate primarie aperte modificate [57], in altri semichiuse.

Le primarie chiuse sono consultazioni a cui possono partecipare soltanto gli elettori registrati al partito. Quando si recano alle urne, gli elettori ricevono le schede elettorali relative alle primarie del loro partito e, dopo averle votate, le depositano in un’urna riservata a quel partito.

Le primarie semiaperte sono consultazioni a cui possono partecipare sia gli elettori registrati al partito sia gli elettori indipendenti. Gli indipendenti possono decidere liberamente a quali primarie partecipare, con il solo vincolo di votare nelle primarie di un solo partito. In alcuni casi, se un indipendente si reca a votare alle primarie di un partito, chiamiamolo P, la sua registrazione viene aggiornata automaticamente, e, da indipendente, l’elettore si ritrova registrato come elettore di P. Disposizioni di questo tipo tendono a scoraggiare l’effettiva partecipazione degli indipendenti, che solitamente preferiscono rimanere tali. In alcuni stati con primarie semiaperte anche i democratici possono votare nelle primarie repubblicane, e viceversa, ma la scelta è interpretata automaticamente come una richiesta di aggiornamento della registrazione.

Le primarie aperte sono consultazioni a cui possono partecipare tutti gli elettori registrati, ciascuno dei quali può votare nelle primarie del partito che preferisce, uno solo per ogni tornata elettorale, senza alcuna conseguenza sulla propria registrazione partitica. Spesso un’unica scheda elettorale contiene le primarie di tutti i partiti, sistemate su porzioni diverse di un unica pagina, su facciate diverse di uno stesso foglio, o su pagine diverse. L’elettore sceglie per quali primarie votare, compilando solo la porzione corrispondente. Questo permette di verificare facilmente che l’elettore voti per le primarie di un solo partito. Inoltre, prima di entrare in cabina elettorale all’elettore può essere chiesto di specificare la sua registrazione partitica in un apposito riquadro della scheda elettorale. Questo permette ai partiti di trasformare le primarie aperte in semiaperte o chiuse, a loro discrezione. Per farlo, il partito riconta le schede autonomamente dopo lo spoglio. Nel riconteggio, mette da parte tutti i voti espressi per le proprie primarie. All’interno di questo insieme, scarta tutti i voti espressi dagli elettori registrati a partiti diversi e/o indipendenti. Infine, conta i voti rimanenti. In genere, si procede a questo tipo di riconteggio quando le regole interne del partito prevedono primarie chiuse o semiaperte, mentre la legislazione statale le prevede aperte. In questo modo, il partito può adattare le primarie “legali” alle proprie necessità, senza bisogno di organizzare primarie autogestite. Ovviamente, il risultato del voto può dipendere dall’insieme di schede considerate valide. Pertanto, sono possibili anche strascichi legali o contestazioni alla convention. Tuttavia, la giurisprudenza ha sempre stabilito che i partiti hanno il diritto di regolamentare il proprio processo di selezione dei delegati e dei candidati come credono. Nel caso di conflitto tra regole interne e legislazione statale, sono le regole interne del partito che hanno il diritto di precedenza. Quanto è stato detto per le primarie vale anche per i caucus, che dunque possono essere aperti, semiaperti o chiusi.

I diversi gradi di apertura delle primarie e dei caucus sottintendono idee diverse in merito al significato da attribuire alla registrazione partitica. Ove sono usate le primarie aperte essa è considerata come una formalità burocratica, poco importante rispetto alla posizione dell’elettore al momento del voto. Secondo questa interpretazione, la registrazione come elettore del partito attesta soltanto la posizione politica dell’elettore nel preciso istante in cui egli consegna la domanda di registrazione all’amministrazione pubblica. Tuttavia, l’elettore può cambiare posizione politica spesso e rapidamente, soprattutto in prossimità delle elezioni. Sembra allora eccessivo chiedergli di aggiornare la sua registrazione con dovuto anticipo presso l’amministrazione pubblica. Più semplicemente, gli si permette di votare alle primarie che preferisce senza conseguenze sulla sua registrazione. Se un elettore registrato, ad esempio, come democratico, vuol partecipare alle primarie repubblicane, con buona probabilità vuol dire che è orientato a votare repubblicano anche alle elezioni generali immediatamente successive. Ciò significa che in quel momento l’elettore “è” repubblicano. Nell’idea dei partiti governati dagli elettori, anche quell’elettore ha dunque il diritto di partecipare al governo del Partito Repubblicano. Le primarie aperte glielo permettono.

I leader di partito preferiscono, di solito, le primarie chiuse, perché sono portati a pensare che la partecipazione alle decisioni del partito debba essere ristretta agli elettori di provata fedeltà al partito. Il timore è che altrimenti possano recarsi a votare anche elettori avversari con l’intento preciso di favorire candidati deboli e sabotare dunque il processo di selezione. La frazione di malintenzionati è comunque molto ridotta e non è mai stata in grado di produrre effetti apprezzabili sul risultato finale. Nella maggior parte dei casi il motivo che spinge gli elettori registrati a un partito a recarsi a votare nelle primarie di un altro partito è che sono veramente sul punto di cambiare orientamento politico, magari attratti da un candidato di spicco dell’altro partito. Inoltre, con soglie di sbarramento ormai fissate quasi ovunque intorno al 15%, che impediscono a candidati marginali di ottenere delegati, è difficile che gli eventuali sabotatori possano influire sul risultato. Infine, se i delegati sono assegnati ai candidati alla nomina in numero proporzionale ai voti raccolti da questi ultimi, come succede ovunque presso i democratici, i malintenzionati possono al massimo regalare o togliere a un candidato una manciata di delegati in una manciata di stati, senza cambiare minimamente l’esito finale di un processo che coinvolge 50 stati molto lontani e molto diversi tra loro.

Oggi la tendenza ad allargare l’elettorato delle primarie è abbastanza diffusa presso entrambi i partiti maggiori. Un motivo pratico per estendere la partecipazione agli elettori indipendenti e agli elettori del partito avversario è che ciò può servire ad avvicinarli al proprio partito e convincerli a votarlo nelle elezioni generali. Gli “indecisi” e coloro che sono abituati a cambiare frequentemente il partito per cui votano, sono contenuti, in maggioranza, nel gruppo degli indipendenti. Spesso questa frazione dell’elettorato è determinante per l’esito delle elezioni generali. Se il partito riesce ad attrarli a sé, permettendo loro di partecipare alle primarie, aperte e semiaperte, e al governo del partito, una frazione statistica di quegli elettori voterà per il partito anche alle elezioni generali. L’importanza degli indipendenti è sottolineata anche dal fatto che alcune primarie, quelle semiaperte, sono pensate su misura per loro. Inoltre, capita frequentemente che elettori registrati ad un partito votino, nelle elezioni generali, per il partito avversario. Succede soprattutto nei casi in cui i candidati del partito avversario hanno personalità forti e manifestano idee compatibili con quelle dell’elettore, mentre i candidati del partito dell’elettore hanno magari posizioni estremistiche. Questo spiega il consistente numero di primarie aperte.

In passato, lo stato di Washington usava aprire le proprie primarie in modo estremo, al punto da trasformarle in “primarie universali”, cioè senza limitazioni di sorta (blanket primaries). è istruttivo analizzare le primarie dello stato di Washington in dettaglio. Come abbiamo spiegato, in un’unica tornata di primarie l’elettore è chiamato a scegliere i candidati ad un insieme abbastanza vario di cariche pubbliche. Nelle primarie aperte l’elettore riceve spesso un’unica scheda elettorale, magari fatta di più fogli, contenente le primarie di tutti i partiti, e può decidere di votare alle primarie del partito che preferisce. Tuttavia, la scelta del partito è unica e vale per le candidature a tutte le cariche pubbliche in palio in quella tornata elettorale. Per esempio, un democratico può decidere al momento del voto di votare alle primarie repubblicane. Tuttavia non può saltare dalle primarie di un partito a quelle dell’altro nella stessa tornata elettorale e, per giunta, sulla stessa scheda elettorale. Il sistema di primarie universali dello stato di Washington, stabilito nel 1935, permetteva proprio questo. Gli elettori potevano votare, in una singola tornata elettorale, per i candidati di un partito ad una data carica pubblica, poi i candidati di un altro partito ad un’altra carica pubblica, eccetera, cambiando partito quante volte volevano. L’unica limitazione era che votassero comunque per i candidati di un solo partito per ogni carica pubblica. Nel 2000 le primarie universali furono dichiarate illegali dalla Corte Suprema, perché violavano il diritto di associazione dei partiti, garantito dal primo emendamento alla Costituzione. Infatti, nello spirito delle primarie aperte, se un elettore, nonostante la sua registrazione, per esempio democratica, vota alle primarie repubblicane, vuol dire che in quel momento “è” repubblicano, quindi ha diritto a partecipare al governo del Partito Repubblicano. Ma se un elettore, nello stesso momento, vota in alcune primarie repubblicane e alcune primarie democratiche, vuol dire che non è repubblicano e non è democratico, quindi non ha diritto a partecipare al governo di nessuno dei due partiti. Nonostante gli abitanti dello stato di Washington fossero molto affezionati alle loro primarie universali, dopo una battaglia legale durata tre anni, nel 2003 le “blanket primaries” furono definitivamente abbandonate. Tentativi successivi di reintrodurle sotto forme alternative andarono a vuoto [58].

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